La sapienza pedagogica della Liturgia, in maniera intelligente, antepone il prologo del Vangelo di Luca al resoconto del discorso programmatico fatto da Gesù nella Sinagoga del suo paese. Questo per farci capire che è bene che ci si renda conto “della solidità degli insegnamenti” ricevuti e si possa essere così convinti dell’importanza decisiva per la storia di tutti gli uomini della vita di Gesù. Il brano evangelico della terza domenica del tempo ordinario ci presenta quello che possiamo chiamare il “manifesto” di Gesù. Eccolo: Gesù opera con la potenza di Dio, proprio perché lo Spirito è su di lui. La missione di Gesù è quella di accogliere con misericordia tutti gli uomini per liberarli. Ci troviamo quindi di fronte al compimento della profezia di Isaia che Gesù applica a sé. Nella sinagoga di Nazaret, quel sabato, Gesù annunciò l’inizio del tempo nuovo, l’inizio di “un anno della grazia del Signore” nel quale praticamente – dice Gesù – “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi ascoltate”. Quell’oggi storico di Gesù diventa, per la forza dello Spirito, l’oggi liturgico della Chiesa, il nostro oggi, l’oggi di ogni Messa. Dopo la lettura del profeta Isaia, dice il testo, Gesù “riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette”. Prende la posizione del maestro che insegna, mentre tutti gli occhi sono fissi su di lui. Purtroppo però sono occhi che non non riescono a vedere chi veramente è; sono orecchie che sì ascoltano il messaggio, ma non riescono a capirlo fino in fondo. L’anno di grazia profetizzato da Isaia è il dono della misericordia di Dio per tutti. Quelle parole antiche si avverano sulle labbra di Gesù la cui missione coincide con la liberazione di ogni uomo da ciò che lo degrada, impedendogli di fiorire in tutte le sue potenzialità. Il primo sguardo di Gesù non si posa mai sul peccato della persona, il suo primo sguardo va sempre sulla sua povertà. Per questo nel Vangelo ricorre più spesso la parola poveri, che non la parola peccatori. Da ciò ne consegue che il Vangelo non è moralista, ma creatore di uomini liberi, veggenti, gioiosi, non più oppressi.
In sintesi potremmo anche dire che Gesù non è venuto per riportare i lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, agli uomini e alle donne senza speranza, per aprire i loro cuori a tutte le loro immense potenzialità di vita, di lavoro, di creatività, di relazione, di intelligenza, di amore.
Auguriamoci di poterci rendere conto ancora di più e meglio che il messaggio centrale del Vangelo non è un peso in più da portare ma è piuttosto garanzia di vita in pienezza, è pienezza di gioia, è libertà autentica che illumina davvero la vita. Di questo gioioso e liberante annuncio “oggi”, come cristiani, dobbiamo sentirci debitori verso il mondo che annaspa tra mille problemi, sempre più oppresso e in attesa di essere finalmente liberato.
p. Enzo Smriglio