Gesù è ospite in casa di amici. L’evangelista Luca ci presenta Gesù sempre “in cammino”, ma come tutti anche lui sente il bisogno di un momento di riposo, del calore dell’amicizia, dell’esperienza rigenerante dell’ospitalità. Mentre fa esperienza dell’accoglienza di Marta che – dice il testo – “lo ospitò” assiste nello stesso tempo ad una scenetta che ha il gustoso sapore tipico di quei dissapori passeggeri che talvolta si vengono a creare all’interno delle famiglie.
Marta tutta intenta a predisporre l’accoglienza a Gesù e ai suoi discepoli in ogni minimo particolare si accorge che la sorella preferisce, invece, rimanere in ascolto di Gesù che parla. Maria pendeva dalle labbra di Gesù, mentre Marta era tutta affaccendata a preparare l’occorrente per offrire una accoglienza speciale ad un ospite così illustre come Gesù. Mi ha fatto sempre molta tenerezza la richiesta che Marta rivolge esplicitamente a Gesù e che l’evangelista sintetizza nella ben nota domanda: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?». Marta è tutta presa dalla paura di fare brutta figura con Gesù, cioè di non riuscire ad arrivare in tempo a preparare tutto; sua sorella, invece, intuisce che il privilegio di avere Gesù a casa non consiste tanto nella possibilità di potergli offrire un pranzo succulento quanto piuttosto nel poterlo ascoltare con tutta calma.
Il dolce rimprovero che Gesù rivolge a Marta sottolinea che davvero Maria “aveva scelto la parte migliore” appunto perché aveva fatto la scelta più giusta. La considerazione dello stile più operativo di Marta e di quello più meditativo di Maria non ci deve portare a schierarci in due tifoserie contrapposte, nè tanto meno far litigare le due sorelle fra di loro. Preferiamo piuttosto riflettere sulla delicatezza che Gesù ha avuto nei confronti di Marta. È evidente che noi il più delle volte somigliamo di più a Marta anziché a Maria. Anche noi siamo presi dalle tante cose da fare, finendo col vivere in uno stato di costante agitazione.
Al riguardo San Gregorio Magno, nella sua Regola Pastorale, descrivendo la situazione di quelli che sono in continua agitazione dice che per queste persone “il riposo diventa tormento. La quiete é un nemico del loro ardore. Si direbbe che siano morsi dalla tarantola del fare”. Questa simpatica immagine del morso della “tarantola del fare” oltre a farci riflettere potrà aiutarci sicuramente ad accettare con maggiore docilità il delicato rimprovero che Gesù anche a noi chissà quante volte ci ha rivolto e ci dovrà ancora rivolgere: «… tu ti affanni e ti agiti per molte cose».
Chi si affanna e si agita di solito è convinto che tutto dipenda da lui arrivando a pensare tra sé “se qui non ci fossi io…”. Che il Signore ci faccia capire, invece, che solo se prima ci sappiamo mettere in obbediente ascolto della sua parola potremo fare, poi, davvero grandi e mirabili cose come lui stesso ci ha assicurato di poter fare.
p. Enzo Smriglio