Nel Vangelo di questa domenica Gesù ci consegna una regola che faremmo bene a tenere presente tutti e sempre nella vita. Si tratta di un’indicazione che consente a chi la segue di conservare il cuore libero e nello stesso tempo costantemente aperto alle sorprese di Dio che non finisce mai di arricchire l’intera nostra esistenza con la sua divina tenerezza. Gesù ci esorta a saperci tenere lontani “da ogni cupidigia” e a non dimenticare mai che la vita non dipende da ciò che si possiede.
Qualcuno potrebbe dire: facile a dirsi! È vero.
Chi ha il cuore sopraffatto dalla “cupidigia” è un eterno incontentabile che non riesce ad apprezzare ciò che ha e non è nemmeno in grado di accorgersi di chi, magari a poca distanza da lui, vive nel bisogno. Chi si lascia dominare dalla cupidigia sa coniugare solo il verbo prendere con i suoi derivati: pretendere e accumulare. E così facendo non saprà mai cosa significa dare, regalare, condividere.
La cupidigia prende in ostaggio il cuore di una persona rendendolo irrimediabilmente insensibile alle necessità degli altri. Di conseguenza, chiunque si lascia dominare dalla “cupidigia” finirà con l’assumere uno stile di vita che rende insaziabili, pretenziosi ed egoisti. Insomma, tutto il contrario di quanto c’insegna il Vangelo. A chi, invece, si tiene lontano da ogni forma di “cupidigia” non gli verrà molto difficile capire – come c’insegna Gesù – che la vita non dipende da ciò che si possiede. Ci farebbe sicuramente tanto bene se sapessimo indugiare di più a riflettere sul fatto che nella vita ciò che è necessario solitamente è gratuito. Ciò che è necessario alla nostra vita non si compra nè si vende e neppure si possiede per il semplice fatto che ci è donato, attende di essere accolto e a sua volta fraternamente condiviso. La logica del possesso egoistico fa vivere con la patologica ansia tipica di chi volendo possedere sempre di più è lentamente corroso dalla paura di perdere tutto, mentre lo stile della condivisione fraterna fa vivere la gioia interiore tipica di chi sa donare ciò che lui stesso ha ricevuto in dono da chi lo ha preceduto e con sano distacco si rende conto che niente aveva quando è arrivato e niente si porterà da questa vita.
In questi giorni ho letto un’interessante regola di vita che è sicuramente una fedele eco dell’insegna-mento evangelico: “La forma suprema di vita umana è un possesso con un distacco dentro”.
Chi vive per possedere alla fine si ritroverà posseduto da ciò che possiede.
Non riuscirà nemmeno a godere di ciò che ha perché, volendo avere ancora di più, finirà per essere divorato dal tarlo dell’insaziabilità. Chi, invece, saprà avere un salutare “distacco” da tutto ciò che possiede non solo sarà capace nel corso della sua vita di gesti di vera generosità ma sperimenterà nello stesso tempo una gioia indicibile e un vero e proprio senso di autentica libertà.
p. Enzo Smriglio