“La comunità cristiana, famiglia di famiglie, genera la fede” è stato il tema dell’annuale convegno dei catechisti della diocesi di Patti, che si è tenuto a Rocca di Caprileone. A dettare le relazioni, con uno stile semplice, coinvolgente e, al contempo, denso nei contenuti,grazie anche all’ausilio di filmati e di immagini, è stato don Michele Roselli, Direttore dell’Ufficio Catechistico della diocesi di Torino e Coordinatore dell’equipe nazionale per l’Iniziazione Cristiana. Comunità cristiana e famiglia non possono essere in contrapposizione; le famiglie sono dentro la comunità, “per cui non ci si può accontentare di tirare avanti, ma occorre spingersi oltre”. “Evangelizzare gli adulti a partire dagli adulti che siamo noi – ha evidenziato don Michele -; credere non è per nessuno un dato pacifico ed è necessario rispettare la storia di ognuno, anche quando è travisata da esperienze negative nonché da eventuali pregiudizi. Non è mai troppo tardi per credere e sperimentare la grazia di ricominciare”. Un altro aspetto fondamentale è “convertire le rappresentazioni di Dio; Lui non è lontano da nessuno, è prossimo benevolo”. Da qui la necessità e l’impegno a creare, nelle comunità cristiane, “spazi relazionali, cercare un linguaggio che renda la fede possibile e desiderabile, rispettare la libertà dell’altro, anche di fronte al suo rifiuto, fare una proposta flessibile e sostenibile per le parrocchie e per le famiglie”.
Il convegno si è chiuso con un momento di preghiera; nella sua riflessione, il vescovo monsignor Guglielmo Giombanco ha sottolineato che “è compito di tutti testimoniare la fede, evitando la tentazione che quest’impegno riguardi solo la vita nella comunità cristiana. Invece, riguarda tutta la nostra vita, per aiutare anche gli altri ad incontrare Cristo”. “La Chiesa – ha proseguito – ha bisogno della famiglia e la famiglia ha bisogno della Chiesa. Occorre creare esperienze di comunione, per comunicare una presenza viva, vera”.”Il compito educativo – ha aggiunto il vescovo – va affidato alla famiglia e alla Chiesa. La famiglia va aiutata a vivere la sua vocazione. Anche nel territorio diocesano ci sono vari tipi di famiglia e varie dinamiche. Pur non rinunciando al modello cristiano di famiglia, dobbiamo fare in modo che la luce di Dio raggiunga tutti”. “Non si può essere rinunciatari – ha insistito monsignor Giombanco – , non si può ostacolare la Parola di Dio con le nostre paure e il nostro disimpegno. Non bastano le attività pastorali, pur se importanti; bisogna camminare, accorgersi dei disagi, aiutare a superarli, per far capire che attraverso noi Dio si fa vicino. Un cammino comunitario, in cui ciascuno si fa compagno di viaggio”. “Oggi – ha concluso il vescovo – molti sono pronti a parlare, pochi ad ascoltare. I gesti più belli e fecondi non sono mai programmati, nascono dal cuore. Il compito primario è far ardere il nostro cuore e quello dei fratelli perché abitato da Dio e visitato da Cristo”.a ciascuno dei presenti è stata consegnata la Preghiera alla Santa Famiglia di Papa Francesco.
Nicola Arrigo