Come si evince chiaramente dalla pagina evangelica della XIX Domenica del Tempo Ordinario Gesù trascorre un intero giorno “in disparte, sul monte, a pregare”.
Concluso il momento di ‘isolamento’ Gesù raggiunge i suoi discepoli con una modalità a dir poco originale: “sul finir della notte – leggiamo nel testo – egli andò verso di loro camminando sul mare”. L’originale modalità con cui si presenta davanti ai suoi discepoli – tanto che dapprima lo scambiano per un ‘fantasma’ – potrebbe far passare inosservato il fatto che Gesù “andò verso di loro”, cioè volle raggiungere i suoi discepoli, andando loro incontro.
È davvero assai rassicurante sapere che Gesù per primo si dirige verso i suoi; è veramente bello questo suo stile.
A Lui, sempre, appartiene l’iniziativa. Lui ci precede sempre, anche se non sempre – come i discepoli in quel giorno – riusciamo a riconoscerlo subito.
Una cosa però è certa: Egli ci ‘viene’ continuamente incontro.
La consapevolezza di questo venirci incontro di Gesù riempie il cuore di una profonda fiducia che ci fa praticamente sperimentare quell’indispensabile serenità che solo Gesù ci può assicurare tutte le volte che si alzano le onde per il vento forte e contrario e la barca della nostra vita sembra travolta da contrarietà di ogni tipo.
Possiamo gridare a Gesù, che ci viene incontro, tutte le nostre paure, le nostre angosce e tutto ciò che rende inquieto il nostro cuore, ben sapendo che lui sempre ci ascolta e puntualmente interviene.
Facciamo in modo che in ogni momento e in particolar modo quando ci sembra che nella nostra vita le prove si siano date tutte appuntamento, possiamo attingere quella forza indispensabile che troviamo nella rassicurante espressione che Gesù anche a noi rivolge come fece con gli apostoli “sul finire della notte”: “coraggio, sono io, non abbiate paura”. A volte è come se fossimo assediati da così tante paure che rischiamo di rimanere bloccati, scoraggiati e, in certi casi, privi di prospettive e derubati della speranza. E come Pietro finiamo col gridare a Gesù: “Signore, salvaci!”. Di Gesù l’evangelista ci dice che “subito tese la mano e lo afferrò”.
Ecco chi è Gesù: la mano di Dio tesa verso l’umanità bisognosa di salvezza.
Lasciamoci “afferrare” da Gesù, non sfuggiamo alla presa della sua mano e potremo realmente sperimentare la calma e la pace del cuore. Non appena Gesù sale sulla barca “il vento cessò” improvvisamente e il mare agitato, le cui onde stavano sconquassando la barca degli apostoli, si calma all’istante. Se lasciamo salire Gesù nella barca della nostra vita ogni vento contrario cesserà e nessuna contrarietà potrà mai dirottare la nostra navicella dalla mèta definitiva, cioè il porto spazioso oltre ogni umana immaginazione del cuore stesso di Dio.
p. Enzo Smriglio