Quando siamo chiamati a riportare quanto si dice in giro di una persona sappiamo bene, per esperienza diretta, che le risposte di certo non mancano. E così è stato quel giorno a Cesarea di Filippo quando Gesù chiese al gruppo dei discepoli cosa la gente diceva di lui. Le risposte non si fecero attendere e furono diverse. Ma se si sta attenti tutto quello che si diceva in giro sul conto di Gesù e che, quindi, veniva riportato dalla gente, si riferiva sempre a qualcosa di già visto o sentito. La gente non è stata in grado di scorgere la novità assoluta riguardante la persona di Gesù. Come si può capire chiaramente dal brano evangelico di domenica prossima ciò che stava più a cuore a Gesù era sapere cosa di Lui pensavano i suoi discepoli. In questo caso la domanda si fa più stringente ed è in pratica la stessa domanda che oggi rivolge a ciascuno di noi: «Ma voi, chi dite che io sia?». Una cosa, infatti, è parlare per sentito dire, riportare quello che dicono gli altri e che magari per caso si è appreso, tutt’altra cosa, invece, è riferire la propria personale posizione. Sarebbe davvero interessante lasciarsi raggiungere dalla domanda diretta e puntuale di Gesù, noi che non di rado rischiamo di parlare di Lui in maniera sfuggente e magari senza eccessivo coinvolgimento personale. Non dimentichiamoci mai che Gesù non è una idea su cui discutere, ma una persona ‘viva e vera’ da riconoscere, accogliere sempre di nuovo, frequentare con assiduità per fare realmente l’esperienza della sua presenza che è così significativa da essere capace di dare ragioni di vita alla nostra vita. A nome di tutti in quel giorno la risposta la diede Simon Pietro. Quella stessa risposta ha accompagnato la vita della Chiesa nella sua bimillenaria esperienza di fede. La stessa risposta di San Pietro diventi ogni giorno anche la nostra personale risposta. Simon Pietro per primo riconosce Gesù. E noi con lui e come lui vogliamo fare la nostra professione di fede, proclamando Gesù come Figlio di Dio. La vita di fede altro non è che vita di relazione ininterrotta e innamorata con Gesù. Ogni giorno non dovremmo minimamente esitare a farci questa domanda: chi è veramente Gesù per me? Ora. Adesso. In questo momento della mia vita. A seconda della risposta che saremo in grado di dare si capirà lo spessore e la profondità del nostro rapporto con Gesù. Quando l’innamorato all’innamorata chiede: “ma io realmente chi sono per te?”, certo non si aspetta una risposta frutto di una asettica rielaborazione di tipo intellettuale, ma desidera semplicemente che gli trasmetta con lo sguardo, ancor prima che con le parole, che non può fare a meno di lui. Ė chiaro, quindi, che se il nostro rapporto con Gesù non è come quello tra due innamorati anche se continueremo a parlare di Gesù, ne potremo parlare semplicemente per sentito dire. E gli altri non faticheranno ad accorgersi che non avendo tocca il nostro cuore ciò che diremo di Gesù non potrà certo avere la pretesa di toccare il cuore di chi ci ascolta.
p. Enzo Smriglio