L’Attesa: il desiderio della venuta di Cristo
Da alcuni giorni abbiamo iniziato il tempo liturgico di Avvento attraverso il quale la Chiesa ci prende per mano e ci insegna come vivere in questo tempo difficile la preparazione alla celebrazione del ricordo dalla nascita di Cristo. In piena pandemia cominciamo un nuovo anno liturgico, niente di più adatto per esprimere il sentimento di attesa e di liberazione che è nel cuore di ciascuno. Attesa vuol dire fiducia, speranza, certezza che Qualcuno verrà, che la salvezza arriverà. Si tratta di un cammino aperto al futuro ma vissuto nel presente con la preghiera, l’ascolto della Parola e l’impegno coerente di testimonianza di vita cristiana per suscitare in noi il desiderio di una degna accoglienza di Cristo nella nostra vita.
L’Avvento è caratterizzato dall’attesa, attesa di qualcuno o di qualcosa. Ma l’uomo d’oggi sa veramente attendere?
Il sociologo Bauman nel suo libro l’arte della vita afferma che:
«l’uomo oggi vive il culto della gratificazione istantanea ed ha perso la capacità di attendere. Viviamo in un’epoca in cui la parola attendere è diventata una parola oscena. Abbiamo sradicato per quanto possibile la necessità dell’attesa, la parola che preferiamo è istantaneo. Nella nostra cultura fatta di blach berry, computer, cellulari, l’attesa quando è possibile è diventata luogo di rifugio».
L’attesa è connaturale all’uomo, è una dimensione antropologica essenziale, perché essa rivela all’uomo che egli è anche incompiutezza, fragilità ed ha bisogno di qualcuno che lo completi, che lo aiuti a raggiungere il senso pieno della vita. L’attesa educa a vivere la frammentazione del presente, senza disperare.
La parola “avvento” significa anche “venuta” di qualcuno che attrae la nostra attenzione. Attesa e venuta sono due termini che esprimono due azioni: una di Cristo e altra dell’uomo. Il Signore Gesù viene, l’uomo attende la Sua venuta. L’attesa prepara l’accoglienza e anticipa la gioia dell’incontro con colui che si attende. La certezza della venuta suscita il desiderio di avanzare nel cammino di fede e di conversione per una degna accoglienza del Signore che viene.
“Dio viene. Il nostro salvatore” così ci fa pregare la prima antifona nella celebrazione dei vespri che aprono il tempo di Avvento. Riascoltiamola: “Date l’annunzio ai popoli: Ecco, Dio viene, il nostro Salvatore”. All’inizio di un nuovo ciclo annuale, la liturgia invita la Chiesa a rinnovare il suo annuncio a tutte le genti e lo riassume in due parole: “Dio viene“. Questa espressione così sintetica contiene una forza di suggestione sempre nuova. Fermiamoci un momento a riflettere: non viene usato il passato – Dio è venuto -, né il futuro – Dio verrà -, ma il presente: “Dio viene”. Si tratta, a di un’azione sempre in atto. In qualunque momento, “Dio viene”. Un messaggio di consolazione e di speranza che dona la certezza che Dio non è disinteressato a noi e alla nostra storia, ma è il Dio che viene. È un Padre che mai smette di pensare a noi e, nel rispetto estremo della nostra libertà, desidera incontrarci e visitarci; vuole venire, dimorare in mezzo a noi, restare con noi. Il suo “venire” è spinto dalla volontà di liberarci dal male e dalla morte, da tutto ciò che impedisce la nostra vera felicità. Dio viene a salvarci. Nel cuore di tutti gli uomini vi è un gran desiderio di felicità; un dono che Lui ci fa, perché la vera felicità viene da Dio.
Stiamo attraversando un momento difficile a causa della pandemia che ha messo a dura prova la vita di tutti noi. Nei mesi passati abbiamo fatto esperienza di dolore, di incertezza nel muovere i passi, di privazioni di libertà. Il tempo si è dilatato e scandito diversamente e si sono alterati i ritmi degli impegni nella quotidianità con la conseguenza di un disorientamento esistenziale. Anche in questo momento delicato e complesso, l’attesa del Signore ci chiama a restare saldi nella fede per rinnovare la speranza fondata sulla certezza della venuta di Cristo e sorretti da tale certezza guardiamo con fiducia al futuro.
Accogliere l’annuncio: «Dio viene» ci permette di aprire una nuova strada nei vari deserti della nostra vita. Egli viene per consolarci, per manifestarci il suo amore, non ci lascia soli nel nostro dolore, nei nostri smarrimenti; vede i cuori angosciati e sa che abbiamo bisogno di fiducia e speranza. La certezza che Dio consola mantiene salda la speranza nel cammino di fede.
L’Avvento deve risvegliare in ciascuno di noi la nostalgia di Dio che rivelerà il suo volto al momento dell’Incarnazione nell’umiltà e nella semplicità di un Bambino nato per noi.
L’attesa del Signore dunque genera nel credente la dilatazione del cuore perché non basta sapere che egli viene, ma bisogna fare di tutto perché egli possa giungere a noi; ciò significa che noi dobbiamo aprirci a Lui: questa è la fede. La sua venuta e la nostra fede formano un tutto inscindibile.
Carissimi che mi ascoltate, in questo tempo di Avvento accresciamo la fede e guidati da essa avanziamo nel cammino custodendo nel cuore il desiderio di incontrare il Salvatore che viene. Non permettiamo alle tante distrazioni di distoglierci da questo impegno. Questo tempo deve educarci a vivere l’attesa come capacità di saper aspettare e di rinunciare alle soddisfazioni immediate che riempiono solo la mente, ma non il cuore; deve educarci anche a disciplinare i nostri desideri per non diventare ostaggio di un atteggiamento di consumo e passare da un atteggiamento di distanza tra sè e gli oggetti desiderati per fare spazio a Colui che colma ogni desiderio della nostra vita.
In questo tempo di attesa ci è chiesto di ritrovare l’ascolto del cuore per riacquistare il desiderio di Cristo nella nostra vita. Così vogliamo vivere l’Avvento.
Buon cammino.
+ Guglielmo, Vescovo