Dopo il racconto della vocazione dei primi quattro discepoli che abbiamo ascoltato domenica scorsa, la liturgia ci propone un brano nel quale l’evangelista Marco ci racconta – potremmo dire – il primo sabato che Gesù ha trascorso insieme ai suoi primi discepoli. Come ogni pio Israelita Gesù va in Sinagoga. Nulla di più normale. Neanche il riferimento al fatto che Gesù si sia messo ad insegnare non dice nulla di straordinario. Infatti, ogni Ebreo adulto poteva alzarsi nella sinagoga e spiegare le Scritture. Sorprende, invece, che l’evangelista non dica nulla sul contenuto dell’insegnamento di Gesù perché sembra preferire la descrizione dell’atteggiamento assunto dai presenti che – dice il testo – “erano stupiti del suo insegnamento”. Sappiamo bene che solo se siamo capaci di lasciarci conquistare dallo stupore si possono creare i presupposti per accogliere la persona di chi ci stupisce. Se non riusciamo allora a fare spazio in noi allo stupore nei riguardi della persona di Gesù e del suo insegnamento, come è accaduto in quel sabato tra i presenti nella sinagoga di Cafàrnao, corriamo il serio rischio di avere un’esperienza di fede sciatta, senza slancio e priva anche di qualsiasi entusiasmo. Quella mattina dentro la sinagoga di Cafàrnao venne percepita immediatamente la “differenza” tra l’insegnamento di Gesù e quello degli scribi. L’insegnamento che stupisce e genera una sensazione di vero e proprio fascino è quello che salda indissolubilmente il contenuto di quello che viene detto con la vita di chi ce lo sta dicendo. In questo consiste l’autorevolezza di chi insegna, tanto desiderata in ogni ambiente, sempre. Continuiamo a lasciarci stupire ogni giorno dall’insegnamento di Gesù; chiediamogli il dono di non abituarci a Lui e al Vangelo. Se dovessimo un giorno abituarci a Gesù e al suo insegnamento vuol dire che siamo stati sconfitti dal morbo dell’abitudinarietà che – a ben pensarci – è un virus davvero letale per ogni esperienza di fede. Onestamente dobbiamo ammettere che vivere come cristiani che si sono abituati ad essere tali senza più lasciarsi scalfire dall’esperienza rigenerante dello stupore è purtroppo una condizione che caratterizza il vissuto concreto di tanti credenti e praticanti che vanno avanti nella vita senza il brivido tipico di chi sa che il Vangelo di Gesù è sempre capace di generare nella vita di chi lo accoglie l’esperienza di una libertà che libera per davvero. Quello di Gesù è un insegnamento sempre “nuovo” e per giunta “dato con autorità”. Il Vangelo non è mai una minestra riscaldata e neppure un racconto che tranquillizza. Anzi, al contrario, il Vangelo inquieta sempre, converte, cambia, migliora, orienta la vita. Se ciò non dovesse accadere è segno che non abbiamo accolto il Vangelo come l’Evangelo. Forse ci siamo limitati a renderlo indolore, lo abbiamo annacquato, adattato alle circostanze e pertanto reso praticamente innocuo. Cerchiamo di non dimenticare mai che il Vangelo non è né un sonnifero e nemmeno un tranquillante. Il Vangelo ha la forza dirompente di saper sovvertire ogni esperienza che sottomette e schiavizza. Soltanto Gesù ha la forza di zittire il male, che è sempre all’opera nel cuore dell’uomo e il suo insegnamento è veramente la garanzia che assicura per davvero la piena realizzazione di ogni autentica aspirazione umana. Solo Gesù, e nessun altro, ha la forza di mettere a tacere il male e di garantire l’esercizio della vera libertà, quella che umanizza portando alla massima espansione quelle potenzialità di bene che ci sono nel cuore di ogni uomo e di ogni donna.
p. Enzo Smriglio