E’ possibile, oggi, comunicare la speranza e comunicare con speranza ? E’ la domanda, che “sa” anche di impegno, emersa nel corso della Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, celebrata nella Basilica Santuario di Tindari per iniziativa dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della diocesi di Patti. E’ stata l’occasione, in sintonia con il Giubileo, per riflettere, appunto, su come comunicare la speranza oggi, “in un mondo spezzato che dobbiamo riparare”.
Il nostro Vescovo Guglielmo ha presieduto la celebrazione della messa e durante l’omelia ha rimarcato “la necessità di una comunicazione basata sulla verità, perché solo dove c’è verità c’è speranza. La speranza nasce quando nelle notizie riusciamo a diffondere il bene e il bene è sempre generatore di speranza, sia per chi comunica la notizia, sia per chi la riceve”. “Oggi – ha concluso – viviamo in un momento fortemente segnato dalla tristezza e dal buio; la speranza è una luce si accende: più si diffondono luci di speranza, comunicando notizie buone, più la gente riacquista fiducia”. A conclusione della celebrazione è stata recitata la preghiera del giornalista, composta dal Vescovo.
A far riflettere su “comunicare la speranza oggi” è stato don Arturo Grasso, direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Cesi, il quale ha primariamente sottolineato come “ognuno di noi ha un’identità e un carattere ed ha un’0identità precisa pure sul web, per cui non bisogna lasciarsi vincere dalla tecnologia. Oggi, infatti, c’è la tendenza al pensiero unico e, di conseguenza, c’è il rischio di perdere la libertà di pensiero. Pertanto, occorre indirizzare la tecnologia a favore dello sviluppo dell’uomo e di una coscienza libera e formata”. Facendo riferimento al messaggio di Papa Francesco per la 59^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, don Arturo Grasso ha evidenziato come sia indispensabile “disarmare la comunicazione , purificandola dall’aggressività, dare dignità alle notizie, fare selezione, puntando al vero e non al verosimile, in un’epoca in cui c’è il problema delle deep fake – mezze verità -più ancora che delle fake news, valutare l’utilità del messaggio che vogliamo dare, non alimentare dubbi, offrendo un prodotto autentico e trasparente, in una realtà in cui, purtroppo, contano solo i like”. “Dobbiamo essere – ha aggiunto – artefici del cambiamento e non architetti del giudizio, senza attaccare la dignità della persona. Perché dietro ogni notizia c’è una persona che va ascoltata, dietro ogni persona c’è una storia. Senza ascolto il mondo diventa sempre più povero e oggi non manca il silenzio ma l’atto di tacere”. Don Arturo ha fatto sottolineato un altro passaggio del messaggio del Papa, in cui evidenzia la necessità della mitezza e della prossimità. “La mitezza – ha commentato – non è sottomissione, è il rispetto che il servizio di giornalista impone; egli non può dire quello che vuole, occorre verificare le notizie e le fonti, in una realtà in cui prevale l’immediatezza, col rischio di immettere veleno nei circuiti informativi. Ciò permetterà di uscire dal protagonismo e dall’autoreferenzialità e di cogliere le tante storie di bene nelle pieghe della cronaca e la comunicazione non susciterà rabbia e chiusura, ma amicizia e relazioni, offrendo ragioni per sperare”.
“La speranza – ha concluso don Arturo Grasso – è sempre un progetto comunitario, per cui bisogna passare dall’on line, all’off line, che è fatto di relazioni concrete. Così la speranza diventerà coraggio che permetterà di agire per costruire la storia del nostro futuro”.