A Sant’Agata celebrata la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti
Come conoscere e studiare l’intelligenza artificiale e come renderla una risorsa, invece di averne paura ? Su questo si è riflettuto in occasione della festa di San Francesco di Sales, nella parrocchia “Sacro Cuore” di Sant’Agata Militello, dove, per iniziativa dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Patti, si sono ritrovati alcuni giornalisti ed operatori della comunicazione sociale del territorio tirrenico-nebroideo, appunto per “ricordare” il loro patrono. Il nostro vescovo Guglielmo ha presieduto la celebrazione eucaristica e nella sua omelia ha rimarcato che “nell’era digitale in cui il tempo è una variabile irrisoria, noi ci scontriamo con il fatto che nella sfera spirituale non vale la logica del tutto e subito. Bisogna prendersi del tempo, sapere aspettare, esercitare la pazienza”. Si è, quindi, soffermato sulla figura di San Francesco di Sales che “con la sua vita e la sua missione, prima da sacerdote e poi da vescovo, si sforzava di attuare il vangelo per diffondere una parola buona, frutto di un seme accolto nel cuore”. “San Francesco di Sale – ha aggiunto il vescovo – è stato anche un grande comunicatore e per questo la Chiesa lo onora come patrono dei giornalisti. Durante la sua vita si impegnò con tutte le sue energie a diffondere il seme della Parola. Impegno che egli svolse anche quando le condizioni politiche del tempo glielo impedivano. Con tutti i mezzi possibili si prodigava per diffondere le buone notizie ed invitava ad imitare”. Ilcompito che oggi è richiesto agli operatori del mondo dellacomunicazione è “comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”
“Oggi è fondamentale – ha continuato monsignor Giombanco – non lasciarsi offuscare (anestetizzare) la coscienza da falsi valori, non renderla opaca e addormentata con scelte troppo facili e comode, ma custodirla limpida e pura come quella dei piccoli e dei poveri della terra Il servizio per San Francesco di Sales non era uno spazio di potere, di ambizione, ma un luogo e un mezzo attraverso i quali poteva parlare di Dio agli altri”.
“San Francesco di Sales – ha concluso il vescovo – ha permesso alla luce di Dio di risplendere nel mondo. Se vogliamo rendere attuale il suo messaggio, impegniamoci, con l’aiuto della grazia, a metterlo in pratica con la nostra vita”. La celebrazione si è conclusa con la recita della preghiera del giornalista composta dal vescovo.
A seguire, don Arturo Grasso, direttore regionale dell’Ufficio delle Comunicazioni Sociali della Cesi, si è soffermato su “Mondo reale e mondo virtuale: l’intelligenza artificiale nel mondo dell’informazione”.
Egli è partito da alcune domande: “Può l’intelligenza artificiale prendere il posto di un giornalista o di un’intera redazione ? Il giornalista è una figura in via di estinzione ?”
Ha, quindi, specificato che “l’intelligenza artificiale non è una nuova piattaforma o un media; siamo di fronte ad una trasformazione, soprattutto per come andare ad attingere i contenuti, le notizie. Essa entra anche nella fase…decisoria; ad esempio, già nel campo medico è abbastanza sviluppata anche nel dare diagnosi. In pochi secondi risponde a qualsiasi domande purchè sia formulata bene”. “La scommessa, allora- ha proseguito il relatore – è il vaglio critico, visto che oggi ancora non ci sono regole, così come non ci sono per i social. Dobbiamo essere noi ad autoregolarci. Le macchine non hanno il libero arbitrio, il computer segue quello che gli è imposto, l’intelligenza artificiale non distingue il vero dal falso”. Soffermandosi poi sulla differenza tra fake news e fake truth, don Arturo Grasso ha evidenziato che “siamo nella società della post verità, in cui la verità è considerata di secondaria importanza. La notizia, infatti, è ritenuta vera se mi ha suscitato un’emozione”. Ha, poi, esortato a “non considerare l’intelligenza artificiale con paura, ma come aiuto. Occorre suscitare il pensiero critico, visto che il cittadino legge senza mediare le notizie e si accontenta di un’informazione rapida, e puntare su un servizio di qualità, con l’elaborazione del linguaggio e la creazione di contenuti multimediali. Non cambia, infatti, la funzione del giornalista; cambiano il linguaggio e le competenze. E’, quindi, indispensabile lavorare in modo autonomo ed adattarsi al cambiamento della tecnologia”. “l’intelligenza artificiale – ha concluso – sarà un ottimo compagno di lavoro ma non si sostituirà al giornalista. Per questo è fondamentale operare per l’algoretica, dando degli scopi all’intelligenza artificiale. La Chiesa, esperta in umanità, ci ricorda che il centro è sempre la persona umana”.
Prendendo spunto da tale conclusione, il vescovo Guglielmo ha rimarcato il compito della Chiesa: “Mettere in guardia che il problema di fondo non è l’uso dell’intelligenza artificiale, quanto il modo etico di usarla, perché si rischia l’esclusione dell’uomo e dell’umano e, quindi, si rischia la disumanizzazione”. Il vescovo ha, quindi, fatto appello “all’onestà intellettuale, non solo nel pensare ma anche nell’uso dei mezzi moderni, perché diversamente non si serve la verità e si arriverà alla lenta espropriazione della persona e dei valori umani e di fare dell’intelligenza artificiale una boma che, se non si sa gestire, ci scoppierà in mano”.