Il brano di vangelo della ventunesima domenica del tempo ordinario inizia con una importante puntualizzazione dell’evangelista: “molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?»” e si conclude con una drammatica domanda da parte dello stesso Gesù: “Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?»”.
Per la maggior parte di coloro che avevano ascoltato il lungo discorso di Gesù sul “pane di vita” si tratta di una “parola dura”, difficile da ascoltare al punto tale che – leggiamo nel testo – “molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui”.
Se ci fossimo trovati noi in una situazione come quella descritta dal Vangelo probabilmente avremmo iniziato una di quelle lamentose reprimende che si sa come iniziano ma non si sa mai ‘dove’ e ‘come’ si concludono.
Gesù, invece, viene descritto che assiste rispettoso fino in fondo della libertà di ogni suo discepolo. Non si evince, infatti, nessun rammarico rancoroso da parte di Gesù il quale non può fare altro che rivolgersi al ristretto gruppo dei Dodici chiedendogli: «Volete andarvene anche voi?».
Gesù non intende costringere nessuno; Lui ha lo stile di proporsi sempre e non imporsi mai.
Tutte le volte che, durante la celebrazione, ascoltiamo la proclamazione del brano evangelico il sacerdote o il diacono legge: “In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli …”. Faremmo bene a tenere presente che “quel tempo” adesso è il nostro tempo e “quei discepoli” di cui si parla siamo noi, nell’oggi della nostra vita. Pertanto siamo noi oggi i destinatari della domanda di Gesù: «Volete andarvene anche voi?».
Non diamo per scontata la nostra risposta; preoccupiamoci piuttosto che la risposta che Gesù si aspetta da ciascuno di noi sia il più possibile una fedele eco di quella dell’Apostolo Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Se ‘con’ Pietro e ‘come’ Pietro anche noi riusciremo a dire a Gesù: da chi mai potremo andare e a chi potremo mai rivolgerci per poter ricevere “parole di vita eterna” allora sì che sperimenteremo per davvero la consolante certezza che deriva dalla grande fortuna di poter credere in Gesù e riconoscere in Lui – come c’insegna la Chiesa – il nostro Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. (GS 10).
p. Enzo Smriglio