Domenica 22 novembre 2020

A conclusione dell’anno liturgico la Chiesa ci fa celebrare la Solennità di Cristo Re dell’universo e volendoci mettere in guardia da ogni forma di mondana regalità ci fa ascoltare la stupenda pagina evangelica del giudizio universale. Nell’assidersi “sul trono della sua gloria” il Figlio dell’uomo procederà alla separazione di quelli che nel corso della vita si sono dimostrati sensibili nei confronti delle sofferenze altrui da quelli che, invece, sono rimasti preda della più completa indifferenza. I primi riceveranno in eredità “il regno preparato fin dalla creazione del mondo”, gli altri, invece, saranno cacciati via “nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli”. Insomma siamo stati magistralmente avvertiti da Gesù sui criteri di giudizio. San Giovanni della croce, in una sua ben nota espressione, afferma: “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore”.

Ognuno di noi si porta nel cuore il ricordo di qualche momento di apprensione dovuta a qualche interrogazione ai tempi della scuola. Ciò che ha preoccupato ogni generazione di studenti è stata la condizione di non conoscere l’argomento preciso sul quale si poteva essere interrogati. Non accadrà così nel giorno del giudizio universale perché Gesù ci ha fatto conoscere in anticipo l’argomento sul quale saremo interrogati. E riguarderà la nostra attenzione e solidale vicinanza verso qualsiasi forma d’indigenza. Sappiamo bene già che il giudizio finale riguarderà la carità verso il prossimo, e in particolare verso gli affamati, gli assetati, gli stranieri, gli ignudi, gli ammalati e i carcerati. Faremmo bene tutti a non dimenticare mai che la vita ci è messa a disposizione per provvedere ad ogni possibile forma di povertà. Nel giorno del giudizio non potremo dire: non sapevamo che bisognava fare così!

Siamo stati dunque avvertiti in tempo e quindi in quel giorno non potremo accampare nessuna scusa. Molti pensano che sia sufficiente non fare del male e, invece, dall’insegnamento che ci viene dal Vangelo è chiaro che non basta non fare del male; è necessario saper fare concretamente il bene.

Chiediamo al Signore di aiutarci a capire tutti quanti che regnare – nella logica del Vangelo – non potrà mai significare spadroneggiare sugli altri, ma solo e sempre sapersi mettere concretamente al servizio di chi non ha voce, è emarginato, escluso dalla società e considerato come uno “scarto”.

Così soltanto saremo un giorno nella condizione di essere chiamati per nome da Gesù e ammessi alla beatificante gioia del Santo Paradiso.

p. Enzo Smriglio