«Ecco
il vostro re», disse Pilato
rivolgendosi alla folla assetata del sangue del Giusto di cui si invocava
la condanna.
Pilato apparve sollevato dal peso della sua decisione, scaturita da un
giudizio affrettato che non coinvolse la propria coscienza. Il popolo
accecato da idoli, schiavo dell’oro, non volle la verità, e
rinnegandola, con l’ausilio dei sommi sacerdoti, rinnegò anche il suo
Re.
Il Figlio, l’Uomo, ubbidendo alla volontà del Padre, non si ribella,
abbraccia la Croce, rende sacra la propria sofferenza per la salvezza del
mondo.
Gesù, messaggero d’amore, è venuto sulla terra per salvare il mondo,
non per condannare ma per insegnarci a perdonare.
Perdono, germoglio di sofferenza, lievito di grano, ostia, corpo di
Cristo, che spazzi schiavitù, che vanifichi ribellioni, che conduci sulla
via dell'amore e riveli l’imperscrutabile umanità di Dio.
Il giudizio di Pilato è il comportamento di quel giudice, di quel
funzionario, di quel genitore, di quel controllore, di tutte quelle
persone che si sottraggono consapevolmente al richiamo imperioso della
propria coscienza, scegliendo la comoda strada del compromesso, strada
lastricata di errori, favori, vittime sacrificali, sangue di innocenti che
gridano in eterno l’intervento della giustizia Divina.
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