Crocifisso, part, S. Li Volsi, 1652, Chiesa Ara Coeli di San Marco d'Alunzio

Quattordicesima Stazione

Riflessione proposta da Giancarlo Campisi

Gesù è portato al sepolcro

Stazione quattordicesima

Prima della sepoltura, umili bende hanno il compito di avvolgere con amorevole pietà il corpo di Gesù, cadavere di fronte al quale l’uomo rimane sempre muto poiché esprime quella tremenda realtà che è la morte.

Nel sepolcro poi sembra tacere la speranza. Tutto è finito. Sulla tomba è posta una possente pietra.

Ma quella pietra non può essere la fine. Non dev’essere la fine. Non è un gesto nobile ma è umano, solo umano, che cela la disperazione: tanto il tempo sa raddolcire il dolore.

Con il cuore raggrumato, abbiamo anche noi salutato per l’ultima volta i nostri fratelli Italiani morti in Irak per costruire la pace. Anche per loro abbiamo posto una pietra.

Sappiamo invece di dover ricordare.

La morte di Gesù, come tutti gli altri sacrifici che ogni giorno insanguinano il mondo, non possono essere rimossi dalla nostra coscienza.

Ci sono mille e mille ferite che attendono bende amorose che le fascino e che le curino pudicamente.

Corpi spossati dall’esperienza della malattia, del dolore, del peccato, del fallimento e della paura della morte hanno bisogno di tenerezza e di carezze e chiedono di essere avvolti nelle bende dell’amorevolezza degli uomini.

La terra è seminata di tombe e su di esse alcuni innalzano monumenti per non scordare.

Da ogni tomba si alza un grido affinché siano vinti l’odio, la separazione, la dimenticanza.

Tocca a noi munirci delle bende della carità e diventare capaci di fasciare le tante ferite che fanno paura, perché non c’è notte sulla terra che sia impenetrabile alla luce della risurrezione di Gesù.

Egli, morto e risorto, è dove ogni uomo soffre. E se quell’uomo non sa, tocca a noi dirglielo.

Con un’intuizione nuova, possibile solo dopo la Pasqua, diventiamo attenti ai nostri gesti perché intuiamo la possibilità di riviverli eternamente, di ritrovarli per sempre.

Siano soltanto gesti d’amore. Il resto infatti è nulla e scomparirà in breve tempo.

Soprattutto quanto speso per l’autoaffermazione, il possesso, la forza, il potere.

Signore, aiutaci a sostituirlo con la disponibilità del servizio. Fa’ che ciò che offriamo in sacrificio nascosto germogli in una vita nuova.

Dal tuo sepolcro nasca la speranza, giunga ad ognuno di noi e da noi sia continuamente ravvivata.

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