"Ogni stile nella storia è sotto limpero di una tecnica che prende il
sopravvento sulle altre e dà a codesto stile la sua tonalità".
Questaffermazione di Henry Focillon, contenuta nella "Vita delle forme",
è quanto mai appropriata per mettere a fuoco il ruolo rilevante assunto dalle vetrate
nella produzione artistica dellOccidente europeo, in quelletà doro che
furono per esse i secoli dal XII al XIV. Tecnica-pilota nellambito della pittura
monumentale, esse manterranno un rapporto costante con le tecniche suntuarie,
condividendone la finezza esecutiva e lattrazione per la materia dura e preziosa.
È nelle vetrate che si invera, con particolare pregnanza, il "Kunstwollen"
di unepoca che predilige trasparenze e bagliori, ritenuti attributi imprescindibili
di unidea di bellezza permeata di tensioni spirituali e sottesa da istanze
estetico-filosofiche germinate sul ceppo della tradizione sapienziale. La mistica
pitagorica e neoplatonica regnarono sovrane per tutto il Medioevo, filtrate dal pensiero
cristiano che ebbe in S. Agostino il più autorevole rappresentante e conobbe, nel XII e
XIII secolo, elaborazioni dalle straordinarie conseguenze speculative se applicate
allarchitettura e alla teoria delle immagini.
È un fatto antico la ricerca di effetti ierofanici allinterno degli edifici
religiosi, utilizzando il potere di suggestione del raggio luminoso in particolari
condizioni di illuminazione. La luce sapientemente convogliata nellinvaso, ora
attraverso determinate aperture, ora sfruttando gli assi di allineamento della fabbrica, a
secondare il rito di quel giorno e di quellora dellanno, induceva
nellanimo dei fedeli quel certo stato psicologico atto a rafforzarne la fede. È in
età medievale che tali pratiche, connesse a complicati calcoli astronomici, toccano il
vertice della perizia costruttiva.
Per luomo del Medioevo, ossessionato dalla paura delle tenebre, la luce è il più
nobile dei fenomeni naturali, è la fonte e lessenza di ogni bellezza sensibile, è,
per analogia, lespressione della manifestazione divina in tutta la sua potenza.
Nellestetica di Robert Grossateste (1168-1252) essa è la forma pura che origina la
materia, la ordina secondo principi geometrici, ne stabilisce la dignità ontologica nella
gerarchia degli esseri.
Determinante fu per la fortunata vicenda delle vetrate lestetica metafisica di
Dionigi lAeropagita o Pseudo-Dionigi, i cui scritti, nella versione latina resa nel
IX secolo da Giovanni Scoto Eriugena, erano conservati e venerati nellabbazia di
Saint-Denis.
La vetrata non nasce a Saint-Denis le sue origini si possono far risalire al secolo
IX, in ragione di una cospicua documentazione letteraria che compensa lesiguità di
testimonianze materiali ma è Saint-Denis, con una storica svolta, a decretarne il
successo trionfale e la diffusione su vasta scala in tutta Europa.
Si deve allabate Suger, uomo colto e organizzatore di un vivacissimo cantiere,
crogiuolo di culture e di specificità operative diverse, volto alla ricostruzione
dellantica abbazia carolingia, negli anni 1140-1150, la trovata geniale di tradurre
la teoria anagogica di Dionigi in una vera e propria dimostrazione visiva.
LAereopagita, fondendo il pensiero neoplatonico con la teologia della luce del
Vangelo di S. Giovanni, dove il Logos è luce che brilla nelloscurità, considera
tutte le cose create luci, teofanie, per mezzo delle quali il fragile intelletto umano
percepisce Dio. La Natura e le Sacre Scritture sono pertanto schermi posti tra Dio e
luomo; essi restituiscono ombre, vestigia, immagini velate, a volte distorte e
contraddittorie, ma necessariamente siffatte per suscitare la tensione ascetica e la
contemplazione divina.
La luce che illuminava gli edifici gotici, sia quella effusa ed emotiva delle cattedrali,
sia quella razionale e tagliente delle abbazie cistercensi, consentiva di percepire,
attraverso i sensi, realtà mistiche altrimenti ineffabili e di raggiungere lo stato di
empatia. In un sistema culturale il cui cardine risiedeva nellalchimia e nel quale
gli ambiti delle singole discipline non erano ancora delineati, teologia e cosmologia,
impregnate di nozioni di fisica e di ottica, produssero una filosofia della bellezza che
informò la pratica architettonica attraverso un rigoroso codice progettuale, fondato sul
binomio perfetto geometria-luce. Lapplicazione di esso consentì di proiettare nella
costruzione delledificio sacro le leggi dellarmonia e della stabilità del
cosmo. Costituendosi inoltre la similitudine tra produzione artistica e produzione divina,
le immagini divenivano un canale privilegiato per procedere dal visibile
allinvisibile e attingere Dio. Più che in qualsiasi altra parte delledificio
nelle finestre invetriate si manifestò la preminenza della cultura teologico-filosofica
su quella tecnica e del committente o costruttore sullartista.
Le vetrate, vere e proprie pareti translucide e policrome, rivestite di simboli sacri,
visualizzano pertanto i veli che nascondono e al tempo stesso rivelano Dio. E se
lintero cosmo trasparente appariva come un velo illuminato dalla luce divina, nel
modello, ledificio sacro, esse assumono un valore liminare: trasportati dalla
commozione estetica in una dimensione superiore, mentre si compiva la trasmutazione dal
materiale allo spirituale, si potevano percepire i riflessi della Gerusalemme celeste,
preannuncio della beatitudine futura.
La funzione primaria di limite, connessa allalto valore speculativo della vetrata
medievale, è sottolineata dal fatto che allampliarsi delle finestre corrispose
lincupirsi della gamma cromatica, rimanendo pertanto costante lintensità
luminosa allinterno delledificio sacro.
Alla "lux continua" delle luminose finestre del deambulatorio del coro di
Saint-Denis, faceva da contrappunto la nobile "saphirorum materia",
prediletta da Suger, nelle finestre del nartece e della cripta, che, nella gamma profonda
dei bleu, evocava la "divina oscurità", limperscrutabilità
divina. La circolarità e ascensionalità degli schemi compositivi adottati
medaglioni intersecantisi, tangentisi, avviluppantisi a formare più scene, intorno ad un
episodio centrale restituivano la circolarità segreta su cui si fonda
luniverso e a cui luomo può partecipare con lo stato contemplativo.
Dopo Saint-Denis la vetrata si diffonde a tappeto nel resto della Francia e in tutta
Europa, con una serie di varianti compositive, cromatiche, iconografiche che affondano le
radici nella tradizione culturale e figurativa delle varie regioni, più o meno volte a
recepire le formule innovative, il cui primato resterà alla Francia. Ne facilitò
lespansione ladozione del sistema costruttivo gotico a scheletro portante che,
concentrando le forze sui pilastri, grazie anche agli appoggi esterni degli archi
rampanti, consentiva di svuotare la parete vanificandone lopacità. Questa, perduta
la funzione portante, intaccata da luci via via più ampie e risolte verticalmente,
diviene mero elemento di separazione mentre la vetrata acquisisce valore di architettura.
Nel XII secolo lindustria del vetro prende slancio e si moltiplicano le vetrerie
sotto la spinta anche di fenomeni pratici, quali i progressi nel campo della metallurgia e
delle tecniche di soffiatura del vetro, consentendo peraltro di soddisfare una committenza
che richiese una produzione tanto vasta da sfiorare livelli proto-industriali. La vicenda
delle vetrate proseguirà tra alterne vicende, seguendo il corso della storia, sotto
lincalzare delle svolte culturali e del conseguente mutare della forma
architettonica, in un rapporto serrato con la pittura che si risolverà a vantaggio di
questultima, snaturando la vetrata. Londata iconoclasta abbattutasi
sullEuropa della Riforma darà avvio, nel migliore dei casi, a quel processo di
rimozione, sostituzione, interpolazione, cui verranno sottoposte le finestre invetriate
anche nei secoli successivi e, nel peggiore, alla loro vandalica distruzione.
È nellOttocento, con il recupero del Medioevo e della sua esperienza artistica e
tecnica, che si compie la rinascita della decorazione vitrea, la cui produzione trarrà
impulso dal revival neogotico e dallimmissione nellarte profana. Il fenomeno
trapasserà, tra Otto e Novecento, nello Jugendstil determinando lo scadimento della
vetrata a elemento di arredo per edifici privati, anche sotto forma di riproduzione di
quadri celebri: dietro lappariscente rigoglio e la facile divulgazione si cela il
fallimento sul piano della creazione artistica. Già intorno alla metà del XIX secolo gli
spiriti più accorti mettevano in guardia gli operatori affinché rifuggissero
dallimitazione esteriore di quella perduta magnificenza, il cui approdo era
inevitabilmente la sterile maniera. Bisognerà aspettare il secondo dopoguerra,
contestualmente allopera di ricostruzione intrapresa dalla Chiesa dopo le
devastazioni, per assistere ad una ripresa creativa delle vetrate, connesse peraltro, per
loro natura, allarchitettura in cemento e in acciaio. Il rifluire dei nuovi
linguaggi, dal Cubismo allAstrattismo, alla Neofiguratività, nellarte sacra,
in uno con le scoperte tecnologiche che consentivano il recupero delle trasparenze e degli
smaglianti colori delle fabbriche medievali, ha vivificato questa singolare e ardua forma
darte, concepibile solo con lintegrazione di arte, storia e tecnica,
preservandone la spiritualità e la forza comunicativa di forma del tempo, del nostro
tempo.
Rivolgendo a questo punto lo sguardo alle nuove vetrate del Santuario di Tindari,
emblematica appare lesperienza di Franco Nocera che, nella complessità
dellintervento tecnico e nella resa estetico-espressiva, fondate sulla coscienza
storica e su uno strenuo lavoro di ricerca, recupera i valori di una tecnica antica
trasponendoli in un linguaggio moderno. Da un mixer sinergico fluiscono linvenzione
poetica e lenergia comunicativa di unopera che, schivando maniere e
manierismi, riesce a trasmettere lemozione del presentimento dellinfinito e
del mistero del creato. Appare evidente che lautore, cogliendo il senso riposto
dellantica vetrata, affronta lardua prova risolvendo quelle problematiche,
avvertite ancor oggi, di cui fu antesignano, a cavallo tra Otto e Novecento, al culmine
dellinfuocata polemica tra arte e società, arte e artigianato, Lewis Foreman Day,
seguace di William Morris. In un suo brano, preoccupato del futuro della gloriosa tecnica,
dopo averne perorato lo studio serio, coglie nel segno con tanto acume che a lui lasciamo
la parola per concludere: "
Il guaio è che spesso lerudito è
terribilmente limitato, il maestro vetraio troppo meccanico, il pittore completamente
ignorante dei problemi del vetro. Questi tre uomini devono fondersi in uno solo.
Lartigiano ideale è uno che ha grande familiarità con le opere del passato e del
presente, che è un maestro nella propria tecnica e, allo stesso tempo un artista, un uomo
che apprezza totalmente il meglio da non essere soddisfatto del proprio lavoro, che ha una
tale fiducia in sé da non accettare, come risultato finale, quello che fà".
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