La storia della Diocesi di Patti continua e sviluppa quella dell’antica diocesi di Tindari. Infatti proprio di Tindari si è sempre ritenuta erede Patti che, all’inizio della sua vita ecclesiale, si è richiamata esplicitamente alla antica città, dichiarandosene una prosecuzione.
Alla carenza di notizie letterarie supplisce a volte la documentazione archeologica soprattutto di cimiteri, riferibili ai secoli III e IV.
Proprio a Patti, in contrada Mustazzo, è stato ritrovato alla fine del 1800 un sarcofago di età paleocristiana, con figure del Buon Pastore, datato intorno al 300, che purtroppo solo per pochi anni ha dimorato nel museo di Siracusa e nel 1904 è partito per la Germania, dove attualmente si trova nel museo statale di Berlino.
Tra la fine del secolo VI e l’inizio del VII, dall’epistolario di Gregorio Magno (590-604), apprendiamo che in Sicilia sono attivi almeno 10 episcopati, uno dei quali a Tindari.
Di questo vescovato ci sono tramandati i nomi di alcuni vescovi: Severino, firmatario di tre sinodi romani sotto papa Simmaco (498-514); Eutichio, destinatario di una lettera del 593 di papa Gregorio Magno che loda il chierico Benenato per il suo impegno contro eretici angeliani; forse lo stesso Benenato, divenuto vescovo; Teodoro, firmatario di un concilio lateranense nel 649.
Dobbiamo fare un salto di quattro secoli perché Tindari, o almeno il suo territorio, dopo la tempesta araba, si riaffacci nella storia documentata. Il merito, se così vogliamo chiamarlo, è del conte Ruggero, che conquista la Sicilia col progetto di riportarla nell’ambito religioso e culturale cui essa apparteneva, quello latino e cristiano. Un mezzo significativo ed efficace di questo progetto fu la fondazione di vescovati e monasteri benedettini, tra i quali uno del SS.mo Salvatore proprio a Patti nel 1094, affidato alle cure dell’abate Ambrogio, che reggeva già il monastero di S. Bartolomeo fondato alcuni anni prima a Lipari.
I due monasteri rimasero uniti sotto un unico abate fino al 1131, quando l’antipapa Anacleto II li riconobbe uniti come vescovato; nel 1166 il vescovato fu legittimato dal papa Alessandro III (1159-1181); la situazione perdurò fino al 1399 quando, anche a motivo dell’incremento demografico e per la distanza allora significativa tra le due sedi, Bonifacio IX (1389-1404) riconobbe Lipari e Patti come due episcopati autonomi.
Quello pattese era davvero minuscolo, in termini territoriali e demografici: comprendeva, infatti, oltre la città di Patti, le terre di Gioiosa Guardia, Librizzi e parte di S. Salvatore, il casale della Montagna e la campagna di Sorrentini. È necessario risalire al 1822 per ritrovare l’episcopato di Patti ingrandito fino ad assumere la fisionomia di una vera diocesi, quella attuale, con l’accorpamento di vari comuni sottratti alla diocesi di Messina soprattutto.
La Diocesi di Patti comprende oggi 42 Comuni con 84 Parrocchie e si estende su una superficie di Kmq. 1647,56 pari al 50,72% dell’intero territorio della Provincia di Messina ed ha come confini naturali la fascia Tirrenica che va da Oliveri a Tusa per una lunghezza di Km. 102,300 e la catena montuosa dei Nebrodi, che in modo frastagliato la circondano quasi totalmente e che costituiscono sui picchi lo spartiacque verso l’interno della Sicilia. Gli abitanti sono circa 165.000.