Tredicesima Stazione |
Riflessione proposta da Antonino Scorza |
Gesù è deposto dalla croce |
Non a torto è stato scritto che ogni pagina del Vangelo è una pagina di sofferenze e di sangue. Gesù, piagato, coronato di spine, trafitto dai chiodi e dalla lancia, è l’espressione più alta del dolore. Dolore tra gli insulti, le bestemmie e le percosse, lo strazio di una madre e il pianto delle donne, È dolore il suo, che sulla croce si tramuta in un largo abbraccio di amore e di misericordia. Per l’umanità in genere e per ogni singolo uomo in particolare. Per gli uomini che hanno continuato ad essere increduli, a bestemmiare, ad odiarsi ed uccidersi, a calpestare i diritti dei poveri e dei disperati in ogni angolo del mondo. È dolore ed abbraccio di speranza per quanti sono disperati e abbandonati dai potenti della terra. È abbraccio di amore per tanti uomini troppo spesso sono dimenticati nella fame, nell’angoscia e nella disperazione, moderni schiavi senza catene. Dalla croce Gesù tende a noi le sue mani, supplicanti. Le rivolge verso questo mondo che trova così facilmente miliardi per forgiare armi di morte, per odiare, per annientare e distruggere, ma che si rivela incapace di curare, di nutrire, di accogliere, di consolare. Cristo tende a noi le sue mani perché non restiamo indifferenti ma ci impegniamo a cambiare le storture ed eliminare le ingiustizie. Perché ci guardiano intorno e vediamo concretamente come possiamo amare, cosa possiamo fare per i vicini e per i lontani. Signore, ti preghiamo: non dimenticarci di noi, quando noi ci dimentichiamo di te. Non abbandonarci quando noi ti abbandoniamo. Non disprezzarci quando pecchiamo. Signore, chiamaci se fuggiamo; attiraci a te se ti resistiamo. Rialzaci se cadiamo e conduci ognuno di noi sul tuo cammino. |
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