Terza Stazione |
Riflessione proposta da Carmelo Catena |
Gesù cade la prima volta |
Al centro della fede cristiana c’è un segno scandaloso e provocatorio per la ragione umana: la Croce. Segno, rigettato dai Giudei, che chiedono i miracoli e dai Greci che cercano la sapienza. Ma segno elevato da Dio a potenza di salvezza per quelli che aderiscono alla sua chiamata. La descrizione che Paolo di Tarso fa della gente del suo tempo è veramente incisiva. Da una parte i Giudei, “popolo che Dio ha prediletto”, che non capiscono che l’amore non è nelle forme esteriori, tante volte pura formalità, senza contenuto, fino all’ipocrisia, ma è nel cuore animato dallo Spirito di Dio. Essi cercano in Gesù lo spettacolo della potenza: stupida esibizione che lo renderebbe simile ad un attore che sbalordisce gli uomini. Non capiscono che i miracoli, la potenza divina, valgono e sono grandi in quanto segno e messaggio dell’amore di Dio per ogni uomo. I Greci, invece, che avevano una tradizione religiosa fatta dall’uomo, con divinità inventate a proprio uso e consumo, si affidano alla sapienza – alla cultura, diremmo noi – rendendo così la stessa sapienza una sorta di divinità umana in cui è facile si diano appuntamento tutte le debolezze, le superbie e gli errori dell’uomo. Cosa è mai la sapienza senza Dio che è la sola Sapienza che illumina ogni uomo? Miracoli e sapienza in fondo accomunano Giudei e Greci nella ricerca di se stessi. Se osserviamo bene i nostri tempi, per tanti versi noi assomigliamo molto ai Giudei e ai Greci. Quanta gente rincorre “i miracoli della scienza” di qualsiasi tipo, indifferente al fatto che producano anche morte o aberrazioni, facendo così della scienza una sorta di divinità per l’uomo moderno, quando la scienza altro non può essere che un servizio sempre più efficace al bene dell’uomo, un mezzo per glorificare Dio autore di ogni bene e di ogni scienza per il bene. Dio, nelle sue vie misteriose di sapienza, offre la salvezza agli uomini mediante la croce, che è negazione di ogni orgoglio dell’uomo. La croce infatti non è negazione dell’uomo, ma della sua presunzione di fare a meno di Dio e della sua autosufficienza nell’ambito della propria salvezza. Il cristiano conosce l’oscurità, anzi conosce lo spessore della notte. La sua intelligenza non lo salva. Neppure i sistemi più raffinati. Solo Dio può salvarlo e la via è Cristo crocifisso. È la croce accettata. Una presenza “dura” quella di Gesù crocifisso, ma necessaria, per quanti si sentono soffocati dalla potenza e dalla sapienza del mondo e cercano la vera libertà. Più le tenebre s’infittiscono e il cuore soffre nella solitudine del dolore, e più il cristiano scopre la gioia di credere. Credere significa acconsentire alla propria notte. Quando i bagliori del “successo” tacciono e il cristiano si trova a camminare nel buio senza sapere dove andare, la fede lo aiuta a “credere senza vedere”. Le tenebre sono così illuminate dal di dentro da una presenza invisibile. Un giorno esse cadranno. La notte finirà e apparirà l’aurora. |