I
capi sacerdoti del Sinedrio, non avendo il potere di condannare a morte,
inviarono Gesù a Pilato, governatore della Giudea per conto dei Romani.
In questo passo, vediamo Gesù mansueto come un agnello: sta fermo davanti
ai suoi nemici che lo percuotono e lo insultano. Quando poi Pilato cerca
di far parlare Gesù, perché dica qualcosa in sua difesa, Gesù tace e
alla domanda se egli era veramente il Messia risponde: “Tu lo dici”.
Anche in questo momento Gesù è solo davanti all’autorità civile;
nessuno è là per difenderlo dalle accuse che gli vengono fatte. Egli
ribadisce soltanto che il è il Messia da tutti aspettato. Tra le risposte
date da Gesù a Pilato c’è l’affermazione “Io sono Re”. Ma si
tratta di un Re solo, percosso, insanguinato. Per rendere la scena ancora
più ridicola e macabra, gli pongono sul capo una corona di spine,
salutandolo in modo provocatorio e scherzando sulla pretesa che egli fosse
il Messia. Continuano ad insultarlo, colpendolo con frustate e sputi.
Sappiamo che Messia significa “Unto” da Dio.
Fra le sette giudaiche c’era anche chi aspettava un liberatore politico
che guidasse il popolo contro i Romani. Non in questo senso Gesù si era
dichiarato liberatore, quando nella sinagoga di Nazareth lesse il passo
del profeta Isaia, in cui si parla di uno che avrebbe portato la
liberazione ai prigionieri, la vista ai ciechi, la libertà agli oppressi
ed ai poveri un lieto messaggio.
Pilato, chiamato a giudicare Gesù, non esita a riconoscere di non capire
nulla intorno a quell’uomo. Ha la lealtà di dichiarare “Io non trovo
alcuna colpa in quest’uomo; prendetelo e giudicatelo voi”, ma non può
sottrarsi alla pressione del Sinedrio: platealmente si fa portare
dell’acqua, si lava le mani, volendo far ricadere sopra i Giudei la
condanna che, alla fine, vigliaccamente pronunzia. In tutto il racconto
evangelico, risalta ancora la solitudine di Gesù. Egli si sente solo
perché tutti i suoi lo avevano abbandonato. Pietro lo aveva addirittura
rinnegato. Ma Gesù sapeva che da solo avrebbe dovuto portare il peso dei
peccati commessi da altri. Anche noi, Gesù, ti abbiamo abbandonato: le
spine della corona che ti hanno messo sulla testa siamo noi che,
coscientemente o incoscientemente, le abbiamo intrecciate con la nostra
indifferenza e superficialità nei confronti del prossimo. Anche quando
pensiamo di fare cose buone, spesso creiamo altre situazioni di dolore e
di sconforto.
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