Se
la crocifissione di Gesù fosse accaduta ai nostri giorni, certamente noi
avremmo voluto fotografare la scena, neutralizzando in tal modo ogni
possibile immedesimazione. Avremmo conservato un souvenir, capace di
appagare la nostra curiosità.
Gesù è davvero un folle che dà la sua vita per salvare gli altri. Aveva
precedentemente detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13).
Oggi usiamo in modo superficiale la parola "amico"; Gesù dà
alla parola il suo senso pieno, quello di "fratello" per cui si
può dare la vita.
Gesù è inchiodato in croce, con la corona di spine in testa che lo
tormenta. Ma anche da lassù ha parole di comprensione e di amore per gli
altri: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno".
Gesù beve fino in fondo il calice della sofferenza da Lui stesso
previsto. In questo drammatico momento ha presso di sé solo pochi amici,
la Madre, che solo ora comprende le parole dell'angelo che le annunciava
che da Lei sarebbe nato il Salvatore del mondo. La Madre che riconosce la
verità di quanto le aveva profetizzato Simeone: "Una spada ti
trafiggerà l’anima".
Maria, pur conoscendo il valore salvifico di quella passione, soffre il
dolore di una madre che vede morire il proprio figlio. Anche in croce
Gesù continua a donare: al ladrone che si lamentava dice: "Oggi
sarai con me in Paradiso"; affida la Madre al discepolo prediletto,
con parole semplici, ma che sono capaci di trafiggere.
Immedesimiamoci nel dolore di una madre: come dovette sentire lo strazio
del Figlio che grida: "Padre, perché mi hai abbandonato ?"
Non si capisce il senso della vita se non si dà un senso al dolore.
Gesù ci aiuta a dare un senso alla nostra vita col suo abbandono al
Padre. Il dolore ci mostra che la vita ha un senso se vissuta per gli
altri. |