Non ci sono note le
modalità attraverso le quali alla Chiesa di Patti è toccata la sorte di custodire
licona lignea della Nigra sum sul colle di Tindari. Erano invece leggibili nella stessa immagine le vicende che si sono susseguite, i danni prodotti dallo srotolarsi dei secoli, gli interventi provvidi, inevitabili, ora diligenti e intelligenti, ora disastrosi e privi di ogni gusto. |
Non
pochi uomini di cultura e fede chiedevano di verificare il processo storico
dellimmagine e di intervenire a salvaguardia della sua integrità. I veti furono tanti e diversi, soprattutto per la paura di rovinare il simulacro. Gli esperti incaricati desistettero dallimpresa, limitandosi ad eseguire dei saggi, che permisero di verificare la sovrapposizione sui volti e sulle mani di un colore "nero olivastro" che nascondeva un color bruno di antica data. Così le indagini per tanti anni non giunsero a termine. |
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Negli anni 1990-94 il problema venne affrontato nuovamente
dallattuale Vescovo di Patti Mons. Ignazio Zambito che chiese il parere di religiosi
e di studiosi darte ed ottenne risposte univoche: avviare analisi, oltre che
storiche, di carattere formale e strutturale. Nella Pasqua 1995 si decise per lintervento. Supportata da uno storico dellarte e da due teologi, una équipe di specialisti prese in consegna nellottobre dello stesso anno la Madonna di Tindari, trasferita in un laboratorio nei pressi di Palermo. |
I
primi sondaggi riguardarono il manto bleu su cui si registravano 5 strati di colori
apposti fra metà 800 e metà anni quaranta. Altrettante sovrapposizioni cromatiche
venivano riscontrate sui visi della statua. Si constatava poi che sotto il manto ottocentesco vi era una struttura lignea, lucente di lacche medievali. La "Nigra sum" della storia esisteva, nascosta dentro la cappa di tela e colla. Da unampia fessura, sulla parte posteriore del simulacro, appariva il blocco ligneo scavato, ricoperto di elementi estranei. Ai lati vi era un tronetto, mentre sul davanti venivano scoperti gli abiti scolpiti della Madre e del Figlio. |
Fatiscente la struttura lignea, mancante di diverse parti, ridotta spesso ad ammasso di polvere. Il pigmento pittorico era fragilissimo perché staccato dalle pareti del legno. Era evidente, altresì, lassurda lopera di "falegnami" che negli ultimi due secoli avevano innestato, tele di sacco, tavole, chiodi e cunei per aggiustare la statua, così pure di "pittori" che sovrapposero stucchi e vernici senza cognizione di scienza e darte. Il diuturno lavoro di restauro si protrasse per sette mesi: si rinsaldò anzitutto lossatura, poi si ricostruirono le molteplici lacune, macro e micro, fino alla ricomposizione dei frammenti cromatici per giungere infine allunità formale del simulacro. |
Tre sono stati i responsabili tecno-scientifici, cui si abbinavano di volta in volta vari collaboratori, uniti tutti dallimpegno a far rivivere, nel ritorno alle origini, la vera Madonna di Tindari. Dal giugno 1996 licona della Madonna, restituita alle forme, ai colori, alla ricchezza originali, di cui si era perduta la memoria, si presenta ai devoti e ai cultori dellarte come un insieme armonico di forme interne ed esterne (bizantina, mediorientale e latina) che costituisce il suo incanto. La differenza fra lantico e il moderno è sottolineata, oltre che dalla diversa natura dei legni, dalla pittura "a rigatino", consistente in infinite linee perpendicolari, in contrasto con la qualità delle lacche originali. |
E indubbio il sorprendente valore artistico, storico e religioso,
dellicona, che oggi si ripresenta nel suo antico e primitivo splendore. Non pochi elementi stilistici indicano come autore un maestro della scultura francese, originario della Borgogna o della Alvernia, che vive in medioriente al seguito dei crociati. Forse un crociato egli stesso, operante in Siria, nei pressi della città di Tartus E probabile che un alto committente, un vescovo, un principe normanno, un abate del meridione dItalia o della Sicilia, gli abbia chiesto la creazione di un simulacro ligneo destinato al culto. Ed egli lo ha scolpito utilizzando un albero di cedro, tipico della regione, secondo la tecnica dello svuotamento del tronco praticata nel sud della Francia. |
LOriente e lOccidente, sebbene con diversità di linguaggi e
forme, si ritrovano così in questa icona: una Madonna, che è "Theotokos" e
"Hodigitria", "Sedes sapientiae" e "Platytera", giunta a
Tindari tra XI e XII secolo, su una delle tanti navi cristiane che collegavano di
continuo le sponde del "mare nostrum". Dopo aver subito a lungo manomissioni e trasformazioni licona lignea e pittorica della Madonna di Tindari è tornata, così, a risplendere di luce medievale. |
Davanti a questa icona la gente si prostra con fede, contemplando nelle sembianze mediorientali il mistero della Theotokos. Una dicitura, incisa sul basamento della statua, recita: "Nigra sum sed formosa". Ripresa dal Cantico dei Cantici lespressione significa la bellezza di Maria nel colore brunito del viso. |