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2000

ESPOSIZIONE VIA LUCIS

Va incontro alle donne di Gerusalemme irrorando effluvi di amore il Cristo dentro uno spazio di verde primaverile.

Nel volto tumefatto gli occhi bagnati di rosso e d’azzurro, sanno di pietà e d’amore.

Notturno lunare, di atona surrealtà, la terza caduta.

Nella campitura smaltata di antracite il fantasma ulceroso della croce annulla la figura della vittima, scavata da uncini.
Come rappresa su un muro è la macchia di sangue della Spoliazione.

Massa calcarea, arroncigliata e scuoiata, accesa di vermiglio irradiante più della lattea tunica strisciata d’azzurro.


È vortice di graffi lo strappo della veste.

Nel crepuscolo di magenta discolorato una mano scheletrica viene inchiodata sull’asse.

Intrigato è l’argano delle traiettorie biancastre lungo la diagonale della composizione che ravvicina, dall’alto in basso, l’uomo a Cristo.

La materia è consunta.
Restano sparsi pigmenti scarlatti sul corpo nudo, mentre i volti si incrociano al confine della vita.

Sospesa nella luce è l’impronta viola del Crocifisso.

Icona smaterializzata che sprofonda reclinato capite, verso la folla variopinta, il cui vocio invade la tavola, composta di tessere musive.

Spinosa torna d’improvviso al colore materia, ridà energia alla struttura, su cui aleggia il Cristo della fede.
Fosforescente biancore è nel sepolcro la salma. Riversa a testa in giù, baciata dalla madre, è presenza icastica, circonfusa d’amaranto. Nel segreto della morte si nasconde misteriosa la luce, segnata da linee e pulviscolo candidi. Lo sguardo di Spinosa plana all’interno del sarcofago. Due sagome grigio-marmoree sono impresse su una superficie di grumi e sfilacci, contornati da chiazze d’indaco e da volteggi smeraldi e ultravioletti. Lui non c’è. Il sudario ha le impronte del cadavere: del volto enfiato, del lungo corpo, di braccia e gambe rigide. Striature eburnee che traversano la sindone, non toccata da alcuno.

Spinosa dipinge l’atto finale del Golgota con poche e leggere pennellate che suggellano i negativi del Crocifisso. Lastre di raggi Rontgen, fibrillanti di luce, che ritraggono, impalpabili, l’ultima sua presenza. Ubi est, mors, victoria tua?.

Terminano nella diafania del sepolcro le stazioni del dolore, realizzate da Domenico Spinosa come vademecum. Dopo lo sfinimento del cammino, lungo lo spazio ed il tempo, è il silenzio nel fondo della notte, dove germogliano i primi semi di luce. Nessuno stravolgimento tellurico, né crepitio o lamento. La materia si dissolve, si trasforma, divenendo nuova realtà.

Testi dal Catalogo della "Via Lucis", edito dalla Diocesi, Marzo 2000



Per  informazioni
Ufficio Diocesano Beni Culturali
(0941-240866)
giorni feriali dalle 9.00 alle 12.30, tranne il sabato.

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