2001

ESPOSIZIONE DI ARTE SACRA

Via Lucis
Passione di Cristo secondo Spinosa
Luglio - Dicembre 2001
Chiesa parrocchiale B.V.M. di Lourdes a Gliaca di Piraino

Coordinamento culturale di Basilio Scalisi

Per Crucem ad Lucem è la via al Calvario di Cristo che l’opera pittorica di Domenico Spinosa ripercorre, secondo le scansioni della pietà tradizionale.
Summa di un maestro, tra i più rappresentativi in Italia, che esprime nel linguaggio così detto informale, proprio dell’arte contemporanea, il mistero della Redenzione.
Le 14 stazioni sono inscindibili perché l’una è legata all’altra per concezione formale e teologica.
L’intrinseca qualità delle tavole è stata ben evidenziata dalla critica internazionale che ne ha scritto in varie circostanze, sottolineando l’audacia del pittore nel cimentarsi con temi iconograficamente codificati, di matrice sovente realista, innovandoli con semantica essenziale, drammatica e luminosa, fatta di segni e colori che aiutano ad entrare nel cuore del Padre.
Questa Via Lucis, che nel disfacimento della materia fa eco al Vangelo, secondo il quale il chicco porta frutto a condizione che marcisca, e annunzia l’alba della Risurrezione, il maestro Spinosa ha voluto donarla alla Diocesi di Patti, che in questo Anno Giubilare la offre alla pubblica ammirazione nelle sale del Palazzo Vescovile di Patti.
Dono singolare che di per sé costituisce evento di emozioni per divenire presto, all’interno della Collezione diocesana d’Arte Sacra, centro di interessi spirituali e culturali per quanti intendono e il sensus fidei e il sacramentum pulchritudinis.

Fedele all’informale, fedele alla passione è Spinosa. E l’uno e l’altra si perfezionano nell’io del pittore "vocato" improvvisamente a rappresentare con il suo linguaggio le stazioni della Via Crucis. La sfida del tema ha la pericolosità del rischio, se il ricordo riporta alla figurazione storica dei maestri. Non c’è via d’uscita se non nell’essere pienamente informale, creando immagini interiori, visionarie. Di una teologia mistica, di Giovanni della Croce o di Teresa di Avila, che permetta la contemplazione dell’Agnus Dei nella trasparenza della icona, dopo avere azzerato la tradizione e ridotto all’essenza i riferimenti biblici.

Si tratta di esprimere nelle quattordici immagini il cammino della disperazione e della speranza con forme informali comunicanti la grazia. Non racconto, né illustrazione. Ma teofania affidata alla gestualità del colore che nel venerdì della morte include l’alba della Pasqua. È settantenne Domenico Spinosa quando intraprende la Via Crucis. Un ciclo pittorico non commissionato, che egli nell’arco di un anno e mezzo porta con impegno a compimento. Nessuno lo condiziona perché nessuno gli chiede nulla. Come Rouault, Sutherland, Pirandello egli dipinge per il bisogno non di una qualunque utopia catartica, ma per incontrare tra i vicoli di Gerusalemme, cioè di Napoli, il Cristo e le pie donne.

Avevo cominciato a salire la strada del Calvario, confessa l’artista, dovevo arrivare fino alla cima… Non so come ci sono arrivato, ma dovevo salire, percorrere tutto il tratto. Il cammino l’ho fatto senz’ordine, ora risalendo alla cima, ora ridiscendendo per cercare il punto migliore per capire.
Parecchi gli studi preparatori. Sondaggi su un argomento temibile con scavo segnico che riprende l’immagine, da Spinosa mai tralasciata. Non "mélange" di figurale e di informale. Libero da schemi restrittivi e incurante delle convenzionalità fonde e astrae nella sua semantica le esperienze della pittura, consapevole che infornale concreto, naturalismo, informale, informale gestuale sono strumenti per il raggiungimento di una poetica.

MOSTRA NAZIONALE "SEGNI DEL 9CENTO"


 

 

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