Carissimi
Sacerdoti!
1.
È con gioia ed affetto che
vi scrivo, in occasione del Giovedì Santo, seguendo una tradizione
iniziata con la mia prima Pasqua da Vescovo di Roma, venticinque anni or
sono. Quest'appuntamento epistolare, che riveste una speciale dimensione
di fraternità per la comune partecipazione al Sacerdozio di Cristo, si
colloca nel contesto liturgico di questo giorno santo, caratterizzato da
due significativi riti: la Messa del Crisma al mattino, e quella in
Cena Domini alla sera.
Vi penso dapprima riuniti nelle Cattedrali delle vostre Diocesi, attorno
ai rispettivi Ordinari, per rinnovare le promesse sacerdotali. Questo
rito, tanto eloquente, si svolge dopo la consacrazione degli Oli santi,
segnatamente del Crisma, e ben si inserisce in tale Celebrazione, che
evidenzia l'immagine della Chiesa, popolo sacerdotale santificato dai
Sacramenti e inviato a diffondere nel mondo il buon profumo di Cristo
Salvatore.
Sul far della sera, vi vedo entrare nel Cenacolo per iniziare il Triduo
pasquale. È proprio in quella «sala al piano superiore» che
Gesù ci invita a ritornare ogni Giovedì Santo, ed è là che più mi è
caro incontrarmi con voi, amati Fratelli nel Sacerdozio. Nell'Ultima Cena
siamo nati come sacerdoti: ecco perché è bello e doveroso ritrovarci
nel Cenacolo, condividendo la memoria, colma di riconoscenza, dell'alta
missione che ci accomuna.
2.
Siamo nati dall'Eucaristia. Quanto affermiamo della Chiesa intera,
che cioè «de Eucharistia vivit», come ho voluto ribadire nella
recente Enciclica, possiamo ben dirlo del Sacerdozio ministeriale: esso
trae origine, vive, opera e porta frutto «de Eucharistia». «Non
esiste Eucaristia senza Sacerdozio, come non esiste Sacerdozio senza
Eucaristia».
Il ministero ordinato, che mai può ridursi al solo aspetto funzionale,
perché si pone sul piano dell'«essere», abilita il presbitero ad agire in
persona Christi e culmina nel momento in cui egli consacra il pane e
il vino, ripetendo i gesti e le parole di Gesù nell'Ultima Cena.
Dinanzi a questa straordinaria realtà rimaniamo attoniti e sbalorditi:
tanta è l'umiltà condiscendente con cui Dio ha voluto così legarsi
all'uomo! Se sostiamo commossi davanti al Presepe contemplando
l'incarnazione del Verbo, che cosa provare di fronte all'altare dove, per
le povere mani del sacerdote, Cristo rende presente nel tempo il suo
Sacrificio? Non ci resta che piegare le ginocchia e in silenzio adorare
questo sommo mistero della fede
3.
«Mysterium fidei», proclama il sacerdote dopo la
consacrazione. Mistero della fede è l'Eucaristia, ma, per riflesso,
mistero della fede è anche il Sacerdozio stesso. Il medesimo mistero di
santificazione e d'amore, opera dello Spirito Santo, per il quale il pane
e il vino diventano il Corpo e il Sangue di Cristo, agisce nella persona
del ministro al momento dell'Ordinazione sacerdotale. Esiste, pertanto,
una specifica reciprocità tra l'Eucaristia e il Sacerdozio, che risale al
Cenacolo: si tratta di due Sacramenti nati insieme, le cui sorti sono
indissolubilmente legate fino alla fine del mondo.
Tocchiamo qui quella che ho chiamato l'«apostolicità dell'Eucaristia».
Il Sacramento eucaristico - come quello della Riconciliazione - è stato
da Cristo affidato agli Apostoli e tramandato da essi e dai loro
successori di generazione in generazione. All'inizio della vita pubblica,
il Messia chiamò i Dodici, li costituì perché «stessero con lui»
e per inviarli in missione. Nell'Ultima Cena lo «stare con» Gesù
raggiunse per gli Apostoli il culmine. Celebrando la Cena pasquale e
istituendo l'Eucaristia, il divino Maestro diede compimento alla loro
vocazione. Dicendo: «Fate questo in memoria di me», pose il
sigillo eucaristico sulla loro missione e, unendoli a sé nella comunione
sacramentale, li incaricò di perpetuare quel gesto santissimo.
Mentre pronunciava quelle parole: «Fate questo...», il suo
pensiero si estendeva ai successori degli Apostoli, a coloro che avrebbero
dovuto prolungarne la missione, distribuendo il Cibo della vita fino agli
estremi confini della terra. E così, in un certo senso, nel Cenacolo
siamo stati chiamati anche noi personalmente, ad uno ad uno, «con affetto
di predilezione», cari Fratelli nel Sacerdozio, per ricevere dalle mani
sante e venerabili del Signore il Pane eucaristico, da spezzare in
sostentamento del Popolo di Dio, pellegrinante sulle strade del tempo
verso la Patria.
4.
L'Eucaristia, come il Sacerdozio, è un dono di Dio, «che supera
radicalmente il potere dell'assemblea» e che questa «riceve attraverso
la successione episcopale risalente agli Apostoli». Insegna il Concilio
Vaticano II che «il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui
è investito... compie il sacrificio eucaristico in persona di Cristo e lo
offre a Dio a nome di tutto il popolo». L'assemblea dei fedeli, una nella
fede e nello Spirito e arricchita di molteplici doni, pur costituendo il
luogo in cui Cristo «è presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle
azioni liturgiche», non è in grado da sola né di «fare» l'Eucaristia
né di «darsi» il ministro ordinato.
Ben a ragione il popolo cristiano, mentre da una parte ringrazia Iddio per
il dono dell'Eucaristia e del Sacerdozio, dall'altra non cessa di pregare
perché mai manchino sacerdoti nella Chiesa. Non è mai sufficiente il
numero dei presbiteri per far fronte alle crescenti esigenze
dell'evangelizzazione e della cura pastorale dei fedeli. In alcune parti
del mondo la loro scarsità si avverte oggi con maggiore urgenza, perché
si assottiglia la schiera dei sacerdoti, senza che ci sia un sufficiente
ricambio generazionale. Altrove, grazie a Dio, si assiste ad una
promettente primavera vocazionale. Va inoltre aumentando nel Popolo di Dio
la consapevolezza di dover pregare e operare attivamente per le vocazioni
al Sacerdozio e alla Vita consacrata.
5.
Sì, le vocazioni sono dono di Dio da implorare incessantemente.
Accogliendo l'invito di Gesù, occorre anzitutto pregare il Padrone della
messe perché mandi operai nella sua messe. È la preghiera, avvalorata
dall'offerta silenziosa della sofferenza, il primo e più efficace mezzo
della pastorale vocazionale. Pregare è mantenere fisso lo sguardo
su Cristo, fiduciosi che da Lui stesso, unico Sommo Sacerdote, e dalla sua
divina oblazione, scaturiscono in abbondanza, per l'azione dello Spirito
Santo, i germi di vocazione necessari in ogni tempo alla vita e alla
missione della Chiesa.
Sostiamo nel Cenacolo contemplando il Redentore che nell'Ultima Cena
istituì l'Eucaristia e il Sacerdozio. In quella notte santa Egli ha
chiamato per nome ogni singolo sacerdote di tutti i tempi. Il suo
sguardo si è rivolto a ciascuno, sguardo amorevole e preveniente, come
quello che si posò su Simone e Andrea, su Giacomo e Giovanni, su
Natanaele, quando stava sotto il fico, su Matteo, seduto al banco delle
imposte. Gesù ha chiamato noi e, per molteplici strade, continua a
chiamare tanti altri ad essere suoi ministri.
Dal Cenacolo Cristo non si stanca di cercare e di chiamare: sta qui
l'origine e la perenne sorgente dell'autentica pastorale delle vocazioni
sacerdotali. Di essa, Fratelli, sentiamoci i primi responsabili, pronti ad
aiutare quanti Egli intende associare al suo Sacerdozio, perché
rispondano generosamente al suo invito.
Prima, però, e più di ogni altra iniziativa vocazionale, è
indispensabile la nostra fedeltà personale. Conta, infatti, la nostra
adesione a Cristo, l'amore che nutriamo per l'Eucaristia, il fervore con
cui la celebriamo, la devozione con cui l'adoriamo, lo zelo con cui la
dispensiamo ai fratelli, specialmente ai malati. Gesù Sommo Sacerdote
continua a invitare personalmente operai per la sua vigna, ma ha voluto
aver bisogno fin dagli inizi della nostra attiva cooperazione. Sacerdoti
innamorati dell'Eucaristia sono in grado di comunicare a ragazzi e giovani
lo «stupore eucaristico», che ho inteso ridestare con l'Enciclica
Ecclesia de Eucharistia. Sono in genere proprio loro ad attirarli
in tal modo sulla via del Sacerdozio, come potrebbe utilmente dimostrare
la storia della nostra vocazione.
6.
Proprio in questa luce, cari Fratelli sacerdoti, privilegiate,
accanto ad altre iniziative, la cura dei ministranti, che
costituiscono come un «vivaio» di vocazioni sacerdotali. Il gruppo di
ministranti, ben seguito da voi all'interno della comunità parrocchiale,
può percorrere un valido cammino di crescita cristiana, quasi formando
una sorta di pre-seminario. Educate la parrocchia, famiglia di famiglie, a
vedere nei ministranti i suoi figli, come «virgulti intorno alla mensa»
di Cristo, Pane di vita.
Avvalendovi della collaborazione delle famiglie più sensibili e dei
catechisti, seguite con premurosa sollecitudine il gruppo dei ministranti
perché, attraverso il servizio all'altare, ciascuno di essi impari ad
amare sempre più il Signore Gesù, lo riconosca realmente presente
nell'Eucaristia, gusti la bellezza della liturgia. Tutte le iniziative per
i ministranti organizzate a livello diocesano o di zone pastorali vanno
promosse e incoraggiate.
Negli anni di ministero episcopale a Cracovia ho potuto rilevare quanto
proficuo sia dedicarsi alla loro formazione umana, spirituale e liturgica.
Quando fanciulli e adolescenti svolgono il servizio all'altare con gioia
ed entusiasmo, offrono ai loro coetanei un'eloquente testimonianza
dell'importanza e della bellezza dell'Eucaristia.
Grazie alla spiccata sensibilità immaginativa, che contraddistingue la
loro età, e con le spiegazioni e l'esempio dei sacerdoti e dei compagni
più grandi, anche i più piccoli possono crescere nella fede e
appassionarsi alle realtà spirituali.
Ed infine, non dimenticate che i primi «apostoli» di Gesù Sommo
Sacerdote siete voi: la vostra testimonianza conta più di qualunque altro
mezzo e sussidio. Nella regolarità delle celebrazioni domenicali e
feriali, i ministranti incontrano voi, nelle vostre mani vedono «farsi»
l'Eucaristia, sul vostro volto leggono il riflesso del Mistero, nel vostro
cuore intuiscono la chiamata di un amore più grande. Siate per loro
padri, maestri e testimoni di pietà eucaristica e di santità di vita!
7. Carissimi
Fratelli sacerdoti, la vostra peculiare missione nella Chiesa esige che
siate «amici» di Cristo, contemplandone assiduamente il volto e
ponendovi docilmente alla scuola di Maria Santissima. Pregate
incessantemente, come esorta l'Apostolo, ed invitate i fedeli a pregare
per le vocazioni, per la perseveranza dei chiamati alla vita sacerdotale e
per la santificazione di tutti i sacerdoti. Aiutate le vostre comunità ad
amare sempre più il singolare «dono e mistero» che è il Sacerdozio
ministeriale.
Nel clima orante del Giovedì Santo mi tornano alla mente alcune
invocazioni delle Litanie di Gesù Cristo Sacerdote e Vittima, che da
tantissimi anni ormai recito con grande beneficio dell'animo:
Iesu, Sacerdos et Victima,
Iesu, Sacerdos qui in novissima Cena formam sacrificii perennis
instituisti,
Iesu, Pontifex ex hominibus assumpte,
Iesu, Pontifex pro hominibus constitute,
Iesu, Pontifex qui tradidisti temetipsum Deo oblationem et hostiam,
miserere nobis!
Ut pastores secundum cor tuum populo tuo providere digneris,
ut in messem tuam operarios fideles mittere digneris,
ut fideles mysteriorum tuorum dispensatores multiplicare digneris,
Te rogamus, audi nos!
8.
Affido ciascuno di voi e il vostro quotidiano ministero alla Madre
dei Sacerdoti. Nella recita del Rosario, il quinto mistero della luce ci
conduce a contemplare con gli occhi di Maria il dono dell'Eucaristia, a
stupirci per l'amore «sino alla fine» che Gesù ha manifestato
nel Cenacolo e per l'umiltà della sua presenza in ogni Tabernacolo.
Vi ottenga la Vergine Santa di non abituarvi mai al Mistero posto nelle
vostre mani. Ringraziando senza sosta il Signore per lo straordinario dono
del suo Corpo e del suo Sangue, potrete perseverare fedelmente nel vostro
ministero sacerdotale.
E Tu, Madre di Cristo Sommo Sacerdote, ottieni sempre alla Chiesa numerose
e sante vocazioni, fedeli e generosi ministri dell'altare.
Cari Fratelli sacerdoti, auguro a voi e alle vostre Comunità una santa
Pasqua, mentre di cuore tutti vi benedico.
Dal Vaticano, 28 marzo, domenica quinta di Quaresima, dell'anno 2004,
ventiseiesimo di Pontificato.
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