SCINTILLE DI LUCE
Il Giubileo a Patti

Testi

Mons. Zambito Basilio Scalisi Salvatore Fragapane Nino Barraco
Giovanni Orlando Giovanni Bonanno Franco Faranda Marilisa Di Giovanni
Angela La Ciura Giovanna Filippello Dario Miceli Melo Freni

1. E Dio creò la luce

di Mons. Ignazio Zambito


1.
Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era buona (…) primo giorno. La storia della salvezza che inizia con questa parola si concluderà con gli eletti che non avranno più bisogno di luce di lampada, né di sole perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli eterni. Prima della storia della salvezza, Dio, Padre Santo, Unico Dio vivo, vero ed eterno, è nel suo regno di luce infinita: luce vera e soave. Tra questi due estremi – dalla Luce alla Luce – si dipanano le vicende umane. Vicende anche grevi, negative, buie; vero fiume di sangue, di ingiustizia e grettezza. Esse però non sono altra cosa rispetto alla storia sacra dopo la irruzione di Dio, avvolto nella luce come nella sua propria veste, che progetta, crea, innalza l’uomo alla sua guancia come un padre il suo bambino, non lo abbandona peccatore, gli insegna a sperare nella salvezza, gli manda il suo Figlio.

2. "Da luce a luce" è ancora la singola giornata dell’uomo fornito del "sensus fidei" che, "lucis ante terminum", si rivolge al Creatore, al quale si era pure rivolto al mattino, invitando tenebre e nubi a farsi da parte perché irrompe la luce, biancheggia il cielo. Luce e cielo che biancheggia sono sacramenti di Cristo splendore della gloria paterna, luce da luce, fonte della luce, giorno così luminoso da illuminare il giorno, vero sole dinanzi al quale "nec quisquam peccare costanter potest", perché "piget, pudescit, paenitet".

3. Sempre per l’uomo di fede, al centro ancora dell’anno, è il Lumen Christi che, nella Veglia pasquale, il ministro sacro alza a fendere prima e travolgere poi l’ombra del tempio dopo che questo l’ha accolto – come Cristo dal sepolcro scavato nella roccia – dalla pietra focaia.

4. La luce! La luce per gli occhi. La luce ai passi. Sempre luce come epifania di Cristo che è la luce e dà e chiede ai suoi di essere scintille da lui, città posta sul monte e sul candelabro, non sotto il moggio, per dare luce a quanti sono in casa.

5. Ed è la luce che Franco Nocera ha impastato con il vetro a Tindari, come a Chartres i maestri del medioevo, come Chagall a Rama dove Rachele ancora piange i suoi figli e non vuole essere consolata perché Erode li ha travolto "ceu turbo nascentes rosas". Che altro sono infatti le tre vetrate di Tindari se non materia impregnata di luce, in essa spiritualizzata, per cantare lo stupore dinanzi al sole, al cielo e al mare di Marinello e Lipari, dinanzi ad Adamo ed Eva nella primigenia innocenza, dinanzi a Maria "ante saecula creata", umile ed alta più che creatura? Ed è la stessa luce che sposa il martirio del Golgota con la gloria del terzo giorno per farne l’ora di Cristo e illumina Gerusalemme e Manhattan, professando che il Vangelo è giovane di appena 2000 anni, dato che Cristo, di ieri, di oggi e di sempre, è il nome del futuro e il suo spirito continuerà, portatore di vita, ad aleggiare e a dare ai credenti e agli uomini di buona volontà di camminare fiduciosi.

6. Al canto di Tindari a Cristo Luce, nel MM a partu Virginis, si uniscono la nuova cattedra e il nuovo ambone della Cattedrale pattese di Mario Pecoraino e la medaglia commemorativa del Giubileo di Floriano Bodini. Ambone e cattedra, in una linea nuova ma pienamente rispettosa dello stile della cattedrale, alludono alla forza affinante della Parola che innerva i carismi presenti nella comunità credenti portati "ad unionem" dall’Apostolo, secondo l’insegnamento di Ignazio di Antiochia. Mario Pecoraino è riuscito a imprigionare tutta la portata della luce nello svolazzante candore del marmo. Floriano Bodini, nella essenzialità del segno, induce a spingere lo sguardo al di là della porta dove lo Spirito, Dito della Destra Paterna, continua a promettere semi di primavere sorprendentemente nuove.

7. La Chiesa di Patti – Vescovo, Dirigenza del Santuario, Arcipretura della Cattedrale, Uffici diocesani, ognuno per la sua parte – sulla soglia del secolo nuovo, si onora di farsi, fruendo della maestria dei tre artisti, eco del discorso profetico di Giovanni Paolo II, che indicendo e celebrando il Giubileo del MM, parla di Porta Santa più ampia. Essa, consapevole che Cristo è la Porta, ha voluto realizzare un sogno, a lungo accarezzato, di dare alla Porta le dimensioni più ampie della luce e del bello. La Chiesa di Patti ora attraversa questa Porta e invita a fare altrettanto quanti, figli e amici, al bello sensibili, il bello conservano e coltivano riconoscendolo via privilegiata a Dio, il solo buono che abita la luce inaccessibile e che ha posto la sua tra le nostre tende, convertendo così la nube, che nascondeva la Gloria indicibile, nella materia, fatta propria dal più bello dei figli dell’uomo, che parla come nessuno ha mai parlato, che ha occhi fiammeggianti come fuoco, che viene sulle nubi e ognuno lo vedrà, quando anche quelli che lo trafissero e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto.

8. La gratitudine per i maestri Bodini, Nocera e Pecoraino e per coloro che con lo scritto ci aiutano a più fruttuosamente entrare nelle loro opere, propria della Chiesa di Patti, riecheggia in quanti, "tertio millennio adveniente", sanno immaginare, uscire dagli schemi, vedere orizzonti altri. Questo la gratifica e la incoraggia a invitare a farsi prendere dagli sciabordii di bleu, verde, rosso, indaco, violetto e bianco di Tindari e della Cattedrale di San Bartolomeo, per essere aiutati a pervenire alla Luce vera, quella che illumina ogni uomo e che dà a quanti l’accolgono di diventare figli di Dio e che, non da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, sono stati generati, dato che hanno avuto il potere di diventare figli di Dio.

2. Giubileo di splendori

di Basilio Scalisi


1.
Non è nuova la domanda, in questo anno che conclude il secolo e il millennio, sul contributo peculiare della Chiesa di Patti alla formazione religiosa e alla crescita umana e civile della gente dei Nebrodi. Nasce dal crescente bisogno di riandare alle proprie radici e di riappropriarsi di memorie significative e costitutive del proprio essere. Riguarda inoltre l’immagine complessiva dell’uomo e del suo mondo, come si manifesta in questo territorio, che stili e iconografie laiche e cristiane hanno via via definito nello scorrere degli anni e specificatamente nell’arco degli ultimi due millenni. La domanda ha già una risposta: in questo angolo di terra, variamente segnata da avventure e legami col mondo classico e antico, la Chiesa di Patti si presenta al nuovo millennio come custode della Bellezza, intesa non soltanto come fatto estetico, bensì come realtà che abbraccia i meandri dello spirito e della cultura. Qui le valli sono fortemente segnate dal fervore, dall'impegno missionario, dalle memorie di mistici passaggi, la cui presenza è ancora nelle pietre, nei monasteri, negli alberi, nelle icone.
Il pensiero corre a Lorenzo da Frazzanò, a Benedetto da San Fratello, a Cono da Naso, a Nicola di Alcara. Con la loro vita ed operosità hanno tracciato e segnato i passi della Chiesa di Patti. Per ciascuno di questi una spelonca, un eremo, un monastero, come quelli di San Filippo di Fragalà e dei Tre Santi sul monte di San Fratello, che da secoli con le loro linee semplici ed ardite segnano le incantate campiture verdi dei boschi e dei prati ed aprono a viste tra le più incantevoli del mondo. Testimonianze di superba bellezza che, insieme a poche altre, hanno superato indenni le sfide del tempo e le ingiurie degli uomini. Partono da qui, a mio avviso, le radici più profonde, i legami ed i percorsi che ci obbligano allo stupore e alla meraviglia: in questi luoghi, la plurimillenaria storia variamente si intreccia con la vita di fede, di relazione e di amicizia con gli uomini delle diverse epoche.

2. Ripercorrere a ritroso questo cammino significa offrire al credente e al cittadino dei Nebrodi nuove occasioni e strategie, quali salvaguardia all’impoverimento della coscienza e della fantasia, che deriva dalla crescente cosiddetta globalizzazione, dove tutto sembra destinato ad omologarsi e quindi ad appiattirsi. Sotto altro profilo, inoltre, scrivere su questo percorso è per me compito gradito e gratificante. Gradito perché è ritornare a rivisitare eventi, luoghi ed opere sempre carichi di fascino; è come riprendere in mano l’antico album di famiglia con le immagini e le memorie che evocano sempre emozioni nuove. Gratificante perché sento come onore il compito di contribuire a ridestare e far riemergere nella Chiesa di Patti l’essenza della sua vitalità espressa per secoli dall’immaginazione creatrice, mantenendone vivi ed avvincenti lo stupore e la memoria.
Tutto questo nel segno del rinnovato agire della Chiesa che ha schiuso le porte delle proprie residenze ed è ridiventata pellegrina, da Giovanni Paolo II che va nel più lontano continente al vescovo Zambito che visita le più sperdute contrade della diocesi, per entrare nel tempo e nello spazio. Ovunque ci sono memorie e valori da scoprire. Ovunque si mette in mostra la ricchezza di un patrimonio che era stato trascurato e forse anche offeso. Ovunque c'è un invito a guardare a lungo, con gratitudine e amore, al Signore della vita e della storia. Ovunque vi sono pagine di storia che non ingialliscono mai e che conservano ancor oggi la freschezza delle tinte primitive. Sono come un libro alla portata di tutti, che essendo sempre aperto porta solo la fatica di leggerlo.

3. La terra di Patti è una delle più antiche e prestigiose diocesi della Sicilia. Il suo territorio, con paesaggi incantevoli, boschi immensi ed incontaminati, vallate profondamente incise da torrenti e fiumare, è incuneato tra la costa tirrenica e le montagne dei Nebrodi, costellate di paesi, monasteri e borghi popolati da uomini e donne fortemente orgogliosi delle proprie tradizioni e profondamente radicati nella fede e nella cultura cristiana. Sono 42 paesi che formano un insieme originale e ricco di peculiarità e bellezze insospettate, sempre nuove, tali da giustificare la struggente nostalgia che non abbandona mai chi si è allontanato in cerca di lavoro in Argentina, in Australia o nell'estremo nord d'Europa o nelle più vicine Svizzera, Germania e Francia, ma coltiva sempre nel cuore il vivo desiderio di tornare per riabbracciare i cari, riannodare gli affetti, ripetere i riti che conservano il senso della pulizia, dell'infanzia, dell'autenticità, rivivere emozioni, costumi, linguaggi. Le tappe della memoria si snodano attraverso alture, valli, contrade, comunità, cariche di splendore, di fascino, di fede, di storia, del genio creativo di maestri e di maestranze, che specie in chiese e monasteri hanno deposto autentici capolavori, in un arco temporale estremamente vasto.

4. La diocesi, nel primo millennio dell’era cristiana, vive la sua prima esperienza con centro a Tindari, il cui Vescovo Severino, negli anni 498-514, partecipa ai Sinodi Romani tenutisi sotto papa Simmaco. Qui, l'esserci della prima comunità cristiana materializza l’incontro di fede e, accogliendo il vento dello spirito, ove avevano dominato i culti a Cerere e a Zeus, innalza un tempio alla Theotokos, contrassegnandone il futuro cammino. Sono poi i monaci basiliani, giunti dal lontano Oriente, ad incarnare l’annunzio messianico nella storia e nella cultura di questa terra, coinvolgendo ogni borgo nello stupore e nella contemplazione del Qadosh. Ad essi succedono i normanni, sul finire del primo millennio, che riedificano in Patti quella cattedra vescovile tindaritana, che aveva conosciuto saccheggi e distruzione ad opera dei musulmani, nell’anno 836. Così, a partire dal 1094, attorno alla Basilica normanna di San Bartolomeo sorgeranno nel territorio altre chiese, cenobi, abbazie, conventi e monasteri.

5. Architetti, pittori e scultori dell'isola, a più riprese coinvolti, diventano interpreti della comunità e in dialogo con essa producono opere che, a ragione, sono da ritenersi percezione dell’invisibile, frutto di slanci immaginifici, esaltazione dell'intelligenza, invocazione di luce. Sfidano le onde del tempo e della storia, quali memorie di questo comune sentire, l'eremo di San Nicolò ad Alcara Li Fusi, le chiese di Santa Caterina e di Santa Lucia a Mistretta, le chiese basilicali di San Marco d'Alunzio, di Capizzi, di Naso, di San Piero Patti, di Ucria, di Tortorici, di San Salvatore di Fitalia, di Galati Mamertino...: luoghi popolati nel corso dei secoli da generazioni di credenti; edifici sacri che hanno accolto fra le mura innumerevoli fedeli per liturgie ed eventi quotidiani connotati da dubbi e speranze.
La loro architettura documenta la creatività e l'identità della comunità e racconta con singolare peculiarità il dignitoso cammino del secondo millennio nella terra che fu dei greci e romani e arabi e normanni. Documentano, inoltre, in maniera inequivocabile, il coinvolgimento di tutte le componenti della società. A più riprese e in diverse epoche, feudatari e principi, clero e religiosi, artigiani e poveri, peccatori e santi offrono il loro contributo, che ancor oggi ci sorprende, pur di vedere la loro chiesa primeggiare in splendore e possenza.
Parlano di redenzione e santificazione, di umiltà e carità, di martirio e risurrezione, i numerosi marmi dei Gagini, i dipinti dei vari Novelli, Sozzi, Tancredi, Camarda, Mercurio..., le tavole di Antonello, le grandi pale del Tomasi, le sculture dei Li Volsi, i legni di Marullo, i crocifissi di frate Umile, gli organi dei Lo Bianco, gli argenti degli orafi di Tortorici, i cibori intarsiati, le pietre intagliate ed i manufatti lignei delle botteghe artigianali presenti anche nel più sperduto borgo. Sono opere nelle quali è racchiusa la tensione interiore, il destino, i segni e i colori della maturità delle diverse epoche.
Sono immagini di pietà che svelano come gli artisti non siano stati estranei né alla condizione umana, né agli slanci e all’inquietudine della fede. È impresso in ognuna di esse uno squarcio di speranza con un modo tipico di rapportarsi a Dio, alla Vergine, ai Santi. Pur nelle loro linee semplici e sobrie, tante delle nostre chiese ci sono particolarmente preziose. Sono sopravvissute, infatti, alla furia distruttrice del terremoto del gennaio 1693, che coinvolse in una catastrofe rovinosa oltre sessanta centri, dei quali ben venti vennero interamente distrutti. Come documentano le cronache del tempo, l'opera di ricostruzione fu corale e vescovi e ordini religiosi in uno con le popolazioni gareggiarono per far riemergere gli splendori del passato o per innalzare nuovi templi, nella fecondità del barocco che, rispetto all’Italia, qui e nel resto della Sicilia ebbe un suo originalissimo modo di affermarsi e materializzarsi. Appartengono a questo periodo le trasformazioni e gli abbellimenti di tanti luoghi sacri con stucchi, volute, lesene, archi, portali, pulpiti, cappelle, statue.
Scultori, architetti, pittori, che avevano operato nelle grandi città siciliane, dopo l'evento del 1693 ebbero accoglienza nelle cittadine dei Nebrodi (Naso, Frazzanò, San Marco d'Alunzio, Mistretta, Ficarra, Tortorici, Gioiosa Marea, Piraino, Tusa, San Fratello...) e proprio qui ci hanno lasciato autentiche forme di religiosità e di misticismo. Larga parte di questa laboriosità è ancora viva e si offre in tutto il suo splendore. Tanta invece, in seguito all'improvvida espropriazione da parte dello stato unitario, è andata perduta. Gli operosi monasteri e conventi con chiostri, cappelle e celle di Patti, Mistretta, Pettineo, Capizzi, Ucria, San Fratello, Piraino, Sant'Angelo di Brolo, per citarne alcuni, furono destinati agli usi più incongrui: caserme, ospedali, scuole, uffici, cimiteri, aule giudiziarie, abitazioni. Chiese, calici, dipinti, biblioteche, suppellettili e paramenti sacri vennero deturpati, saccheggiati e impietosamente svenduti nelle pubbliche piazze. Il Vescovo Mantiero, nel giugno del 1932, nella sua relazione al Santo Padre scriveva: "Miserevole e sconfortante è la condizione di moltissime chiese della diocesi. Danneggiate dal terremoto del 1908 e peggiorate dalla trascuranza per tanti anni, in molti luoghi sono addirittura inservibili". Da queste brevi annotazioni è dato di capire quanto grave e generalizzato fosse in quegli anni il degrado dei beni religiosi.

6. Una svolta importante avviene nel corso degli ultimi decenni. Dopo le ingiurie del passato, infatti, si è sviluppata sempre più maggiore e qualificata l’attenzione assieme alla specifica sensibilità per quanto ci hanno consegnato le generazioni del passato. Nell'ambito di tale dimensione, la sinergia e il dialogo tra autorità ecclesiastiche e civili consentono così l'attuazione di sempre più valide iniziative per il recupero e la valorizzazione dei beni culturali. Grazie alla generosità dei fedeli, delle commissioni parrocchiali e dei contributi regionali, si interviene con coraggio per il recupero ed il restauro di opere pittoriche, di statue, di arredi ed argenti, di cori lignei ed organi, di libri e documenti di pregio. Antiche Chiese e prestigiosi monasteri, rimasti chiusi ed in stato di abbandono per lunghi anni, sono recuperati al culto e alla pubblica fruizione, ad evocare valori, segni e memorie di fede, di cultura e di arte che hanno contraddistinto per secoli la gente dei Nebrodi. L'impegno operativo della diocesi e il dialogo con l'arte e la cultura si concretizzano nella costruzione del nuovo Santuario di Tindari, per la cui realizzazione collaborano intensamente e proficuamente ecclesiastici, progettisti, artigiani, pittori, scultori, scuole d’arte di ogni parte d’Italia. Negli anni più recenti, poi, varie e diverse sono le occasioni ricercate, promosse ed attuate per la promozione e la crescita culturale delle popolazioni, oltre che per l’incontro vitale tra l’arte e la fede, dialogando con pittori ed artisti. Nello stesso tempo queste occasioni, oltre a suscitare attenzione ed interesse nella collettività, costituiscono un positivo e fruttuoso incontro con l’arte contemporanea e più specificatamente con il genio creativo e la sensibilità di artisti, che con le loro opere reinterpretano il senso del sacro e del bello.
Significativa esperienza è la realizzazione, nell'estate 1988, della Theotokos. A tale prestigiosa Rassegna di arte contemporanea prendono parte sessantuno pittori e scultori italiani con oltre duecento opere, mettendo in luce valori di sorprendente creatività.  Per la prima volta artisti di valore e fama nazionale ed internazionale e di diversa ispirazione, Fiume, Greco, Sassu ed altri, sono insieme a Tindari per intrecciare, attraverso i segni e i linguaggi dell’arte, un dialogo vivace e fecondo e manifestare la spiritualità drammatica del nostro secolo, alla ricerca della fede e della sua testimonianza.
Iniziativa complessa e coinvolgente, nell'estate 1995, è la Nigra sum. Non è solo esposizione di arte sacra, ma è soprattutto occasione di riflessione e di lettura del ruolo e della dimensione della donna nella cultura contemporanea, sia per gli artisti italiani che vi partecipano, sia per i tanti e qualificati visitatori, critici, studiosi e teologi.
Nel percorso artistico-culturale della diocesi, altro dato che va sottolineato è l’utilizzazione di Tindari per convegni, tavole rotonde, mostre, concerti che intorno al Santuario e alla Madonna vedono fiorire nuovi impegni e nuove strategie.

7. Iniziativa di indubbia valenza storica e culturale è il restauro dell'antica icona della Madonna. Nell’immagine, custodita da secoli sulle alture di Tindari, sono evidenti le alterne vicende del passato, i danni prodotti dallo scorrere dei secoli, gli interventi inevitabili, ora diligenti e intelligenti, ora disastrosi e privi di ogni gusto. Pertanto è forte l'esigenza di intervenire a salvaguardia della sua integrità. Nel maggio del 1995 si decide per l’intervento interessando una équipe di specialisti. Dinanzi a tale degrado è quasi una sfida la volontà di recupero dell’immagine medievale. Il lavoro di restauro dura per più di un anno. Si colmano le molteplici lacune. Si ricompongono i frammenti cromatici. L’unità formale del simulacro è finalmente raggiunta. Dal giugno 1996 l’icona lignea della Madonna, restituita alle forme, ai colori e alla ricchezza originali, si presenta ai devoti, ai cultori dell’arte ed ai visitatori come un insieme armonico di forme interne ed esterne, bizantina, mediorientale e latina, che costituisce il suo incanto.

8. Altro punto qualificante del percorso culturale della diocesi è la Rassegna di Arte Sacra, che si svolge a Tindari nel luglio-ottobre 1998. All’invito del Vescovo rispondono tutti i 42 comuni dei Nebrodi, offrendo quanto di meglio custodiscono. Parroci, Sindaci e rappresentanti delle comunità sanno che è importante l’evento espositivo che permette conoscenza e fruizione di oltre 150 sculture e tele, appartenenti a otto secoli di storia e rimaste ignote ai più. Opere che rappresentano la civiltà dei Nebrodi e testimoniano il modo di essere della gente, la sua condizione civile, il suo sogno di vita e di fede. Oltre ottantamila i visitatori della Rassegna, provenienti dall’Italia e dall’estero. Pellegrini, giunti a fatica sulla sommità del colle caro ai greci, in cerca di una bellezza non puramente ideale, secondo i canoni formalisti, ma di una bellezza che porti l’energia della catarsi e dischiuda la visione della luce. È evento che coinvolge e appassiona intellettuali e casalinghe, operai e studenti sorpresi di trovarsi al cospetto di opere straordinarie, che ancora comunicano stupore per la bellezza delle forme e svelano l’anima segreta di una comunità che, custodendo la sua storia, guarda con fiducia al nuovo millennio.
Ad essa fa seguito, nel 1999, la Rassegna Ave Crux. La mostra si svolge attorno al tema della croce, coinvolge oltre sessanta pittori italiani e stranieri e rende omaggio al genio creativo e alla sensibilità dell’arte contemporanea. Avvenimento che consente, con la complessa pluralità dei linguaggi, di penetrare la vita sotterranea, quasi catacombale, di molti artisti che, servendosi del pennello, scavano nel proprio intimo per reinterpretare lo spasimo della croce o il tormento della solitudine ed il fallimento.
Non sono da ascriversi a secondaria importanza altre numerose iniziative, che raggiungono esiti di straordinaria efficacia, messe in atto dalle comunità di Sant'Agata Militello, Capo d'Orlando, Caprileone, San Marco d'Alunzio, Patti, Santo Stefano di Camastra e Mistretta. Gli artisti locali ricevono stimoli e impulsi ad esprimere pittoricamente l'inesauribile bellezza di Dio e le verità della fede, con i linguaggi propri e i confronti dell'arte contemporanea. Pregevoli e cariche di una loro peculiarità le opere prodotte. Differenti e originali i percorsi degli artisti, che in ogni caso ci obbligano alla meraviglia.

9. Il viaggio della memoria ci conduce ad un altro evento culturale di notevole spessore: la donazione alla diocesi di Patti di quattordici tavole da parte di Domenico Spinosa. Sono opere di grande valore artistico e di intenso significato teologico. La Via Crucis del maestro napoletano è interpretazione forte e personalissima della Passione del Cristo, con quadri variamente intessuti di stupende intuizioni e capaci altresì di suscitare emozioni e meraviglia. Espressioni di dolore e di sofferenza così intensamente e pietosamente umani da divenire icona di tutto l’umano patire che in queste tele quasi misteriosamente si condensa e sublima.

10. Hanno i colori ed i segni dell'Infinito i vetri soffiati recentemente collocati nel Santuario di Tindari. Vi è racchiusa la singolare genialità del maestro Nocera, che coinvolge emotivamente e psicologicamente ed induce ad andare al di là dello spazio e del tempo per immergersi nel mistero della Creazione in una dimensione "altra". I temi della Creazione, della Redenzione e della Pentecoste, considerati nei vari elementi fondanti e soprattutto in rapporto al cielo e alla luce, si dispiegano nelle grandi vetrate in un itinerario simbolico e significante che culmina in un tutto luminoso, in un crescendo vibrante di luce, di sorprese e di colori. Non è azzardata la considerazione che l’insieme delle vetrate ha un valore profetico che può sfuggire ad un’immediata percezione. Né può essere diversamente, considerando la specificità artistica dell’opera, nonché la suggestione che suscita nella pietà e fin nella coscienza di ciascuno di noi.
Si innesta nell'ottica di lasciare un segno del corrente anno giubilare la realizzazione della medaglia commemorativa, affidata al genio creativo di Floriano Bodini, uno dei maestri più rappresentativi del nostro secolo, che attorno ai grandi temi dell’iconografia cristiana ha maturato una significativa esperienza.
Altri tasselli di questo "mosaico" che la diocesi di Patti via via compone nell’ordito del Giubileo del Duemila sono l'ambone e il seggio vescovile posti nel presbiterio della Basilica Cattedrale. I marmi, scolpiti con perizia e fantasia da Mario Pecoraino, hanno significato e valenza specifici e dischiudono un senso complessivo dinamico che origina stupore e attenzione per i simboli ed i riti a cui essi rimandano.

11. Fascino e provocazione suscitano gli eventi artistici Pasqua flamenca, Intorno al nome Maria e Incontro tra santi, curati da Melo Freni. Sono iniziative che aprono i Templi alla poesia, alla musica, agli attori, ai cantanti, ai testi della letteratura popolare e degli autori moderni, intorno a temi che furono l’oggetto delle prime sacre rappresentazioni in periodi in cui, accanto alla ritualità sacramentale delle funzioni, il popolo veniva chiamato ad approfondire la propria cultura, assistendo a rappresentazioni e spettacoli di contenuti biblici e religiosi.
Ulteriori proposte alla comunità sono i vari Concorsi di poesia, narrativa ed arti figurative, che coinvolgono centinaia di alunni e studenti delle Scuole del territorio della diocesi. Occasioni efficaci per coinvolgere l’anima più autentica della gente, risvegliandola, vivificandola, dando un senso di presenza ad ogni paese, ad ogni comunità, creando attraverso la fede, l’arte e la cultura un rapporto unificante, significativo ed evangelizzante.

12. A conclusione di queste note prendo a prestito una pagina di Julien Green in cui scrive: "Vi sono certi luoghi della terra così belli che si ha voglia di stringerli al cuore". Mi si consenta di vivere la stessa emozione e riferirla a questo lembo dei Nebrodi, la cui storia non è finita, è tutta ancora da scrivere, pur con lentezza e fatica, nella consapevolezza che tutto è grazia, tutto è dono, come ci insegnano Agostino, Teresa di Lisieux e la costante tradizione cristiana.
Il profilo appena tracciato e dunque incompleto vuole essere solo pista di ricerca, nota che raccoglie i segni di un palinsesto ancora non decifrato, da riscoprire nello sviluppo cronologico e nell’articolazione delle sue parti. Gli scenari delineati mi sono sembrati abbastanza significativi, sorprendenti e spero condivisibili da molti. Così come non vi è dubbio che le nuove generazioni sapranno essere anch'esse cariche di vitalità e di fascino e capaci di slanci dinamici ancora più intensi e di segnare tracce indelebili e coinvolgenti.
Il millennio che finisce, assieme a drammi ed ombre del passato, del quale ha senza meno recepito desideri ed aspirazioni, incertezze e verità, consegna alla società civile e religiosa tante ed arricchenti testimonianze di luce e di splendore.
Per Patti, inoltre, questo secolo resterà segnato da realizzazioni di grande portata e da scelte che hanno espresso la vitalità di una Istituzione che non si arresa alle difficoltà e, saggiamente guidata da illuminati Pastori, ha cercato invece di rispondere con generosità e feconde intuizioni all’appello delle nuove esigenze. Accanto ad essa è da porre il cuore grande della gente, di questo popolo straordinario, che l’ha affiancato con fedeltà costante, ne ha condiviso e sostenuto le scelte.
Il Signore della storia, che ha tracciato e guidato il cammino non mai interrotto della Chiesa di Patti e che le ha donato la gioia di varcare i confini del terzo millennio e di essere illuminata dal genio della grazia, non mancherà certamente di generare nuove intelligenze, nuovi poeti e profeti e di assicurare più feconde esperienze e forme palpitanti di verità e bellezza, umana e divina. Non è sogno o semplice speranza, è soprattutto certezza nel Dio dell’eterna giovinezza.

3. Il Duemila in diocesi

di Salvatore Fragapane


Il Santo Padre Giovanni Paolo II, con la pubblicazione nel 1994 della Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente, invita tutte le Chiese particolari ad iniziare i preparativi per la celebrazione dell’Anno Santo del 2000, già da lui stesso preannunciato all’inizio del suo pontificato come il grande Giubileo del 2000. L’enciclica, oltre che gli orientamenti spirituali e teologici, traccia ineditamente anche l’itinerario di preparazione: 1995-96: anno di annuncio e di sensibilizzazione; 1996-97: anno dedicato a Gesù Cristo; 1997-98: anno dedicato allo Spirito Santo; 1998-99: anno dedicato al Padre; 1999-2000: celebrazione del Grande Giubileo.
Giubileo: parola magica capace di suscitare propositi nuovi e vecchi tendenti ad un futuro diverso e di evocare un passato con le luci ed ombre; di riportare in superficie le molte e variegate tendenze di fondamentalismo religioso e di proiettare la realtà in sogni utopistici. Di fronte alla parola "Giubileo" non mancano coloro che mettono in primo piano le esigenze di giustizia sociale e coloro che invece rimarcano il significato profondamente spirituale della conversione; tanti che propongono grandi svolte nel concreto della storia ed altri che sottolineano la dimensione escatologica. Volendo accogliere l’invito del Papa ad attuare un itinerario di preparazione, ogni Diocesi ha dovuto darsi una pausa di riflessione per decidere le scelte più opportune e adeguate alla propria situazione.

1. La scelta della diocesi di Patti
La pubblicazione della Tertio millennio adveniente giunge nel momento in cui la Diocesi sta muovendo i primi passi – dopo un lavoro triennale di consultazione e di ricerca di consenso che ha coinvolto presbiteri, religiose ed operatori pastorali laici – verso l’attuazione del progetto pastorale di Rinnovamento Diocesano e di Evangelizzazione. Vescovo, presbiterio ed operatori pastorali si interrogano su come conciliare i due itinerari. Dopo attenta riflessione e ripetuti confronti si giunge alla conclusione che i due itinerari non si escludono affatto, anzi si integrano agevolmente. Così si passa ad elaborare un piano d’azione che mentre, sensibilizza e prepara i battezzati al Giubileo, contemporaneamente sollecita la costituzione e il consolidamento delle strutture previste dal progetto di Rinnovamento diocesano per l’attuazione della nuova Evangelizzazione: l’équipe parrocchiale di animazione pastorale, la rete dei messaggeri, l’équipe di redazione e la lettera alle famiglie, la divisione della parrocchia in zone pastorali con la costituzione delle relative équipe. Approvato il piano d’azione, si è passati alla sua attuazione sia nella sua fase di preparazione che di realizzazione.

2. La preparazione
Il Giubileo è "evento di grazia per tutti i battezzati". Questa asserzione, data per scontata, provoca negli operatori pastorali alcuni interrogativi: è sicuro che tutti i battezzati sanno che ci stiamo preparando all’Anno Santo? È sicuro che tutti sanno cosa sia un Giubileo e tutto quanto esso comprende? La risposta a queste domande induce il presbiterio e gli operatori pastorali ad alcune scelte precise, tenendo conto della situazione e della sensibilità caratterizzanti la gente della Diocesi di Patti. All’estate del 1997, a seguito della verifica del triennio pastorale 1994-97, tutti sono concordi nel constatare che l’annuncio del Giubileo ha raggiunto solo una sparuta minoranza del popolo. Occorre allora intensificare l’impegno di sensibilizzazione e di preparazione con modalità che riescano a coinvolgere tutti i battezzati, praticanti e non. La devozione alla Madonna del Tindari diffusissima in tutte le parrocchie della Diocesi, fa pensare ad una Peregrinatio Mariae diocesana, come particolare occasione per offrire l’annuncio dell’Anno Santo. Alcuni, però, osservano che una tale proposta, per la sua forte valenza di religiosità popolare, potrebbe risolversi in semplice espressione di devozionismo. Tale osservazione induce a proporre un’ulteriore iniziativa, semplice ma capillare: la Missione Popolare. L’itinerario è tracciato: ogni parrocchia organizza la missione popolare per predisporre il popolo ad accogliere con fede la Madonna che, come un giorno alla cugina Elisabetta, viene ad annunciare l’Anno di Grazia per il popolo di Dio.

a) La missione popolare
Il Consiglio presbiterale, nel deliberare la Peregrinatio Mariae in diocesi come preparazione immediata al Giubileo, dava queste indicazioni: "La preparazione alla Peregrinatio deve consistere nel mettere in stato di missione tutta quanta la comunità parrocchiale attraverso gli incontri di quartiere... Si auspica che essa segni nell'ambito delle nostre comunità un passaggio dalla semplice pietà popolare alla scelta di Dio vera e propria. Sia preparata e vissuta come un evento evangelizzante". Questa affermazione conteneva l’indicazione di un nuovo tipo di missione popolare che avesse per soggetto, oltre che per destinatario, il popolo. Quindi non una missione al popolo, ma una missione del e per il popolo. Non ci sarebbero stati i "missionari" che avrebbero istruito la gente sulle verità della fede, ma battezzati radunati in gruppi che avrebbero comunicato gli uni gli altri la loro esperienza di fede. Gli operatori pastorali sarebbero stati i "ministri" di questo incontro-dialogo, coloro, cioè, che l’avrebbero favorito e reso possibile con un’opportuna organizzazione. Viene predisposto un Vademecum per la missione. Una prima parte presenta l’itinerario; la seconda fornisce indicazioni metodologiche; la terza parte offre alcune meditazioni per la formazione spirituale degli operatori stessi. Il momento più critico di questa esperienza è stato quello della comprensione della nuova formula di missione popolare proposta e della conseguente preparazione. Gli operatori all’inizio non riuscivano a vedersi "servi", ma, confront andosi con la formula classica della missione, ritenevano di essere "i protagonisti". Come tali, però, si sentivano profondamente impreparati. Gradualmente, poi, riescono a comprendere il loro ruolo, al quale si prepararono con serietà e serenità. Sono interessanti, a tal proposito, alcune testimonianze: "Ero molto preoccupato quando il parroco mi ha chiesto di collaborare come animatore alla missione popolare: mi sentivo impreparato, già immaginavo le domande delle persone alle quali non avrei saputo rispondere… Poi quando ho capito che io non dovevo spiegare nulla, ma solo favorire lo scambio delle esperienze tra le persone del gruppo, mi sono rasserenato: più che parlare, avevo il compito di ascoltare e far parlare".
"La notte precedente il primo incontro ho stentato a prendere sonno e alle quattro del mattino ero già sveglia per la tensione. A questo punto ho pensato che la cosa migliore fosse pregare. Così ho aperto il libro degli Atti degli Apostoli, ho letto qualche pagina, ho pregato e, fiduciosa della presenza del Signore e dell’assistenza dello Spirito Santo, ho riacquistato serenità e forza".

La missione consiste nell’organizzare "piccoli gruppi" di famiglie in ogni quartiere della parrocchia, proponendo loro una serie di sei incontri su altrettanti temi molto vicini all’esperienza ordinaria di tutti: 1. Insieme e distanti; 2. Interiorità e dispersione; 3. Dio: lontano e vicino; 4. Cristo: incontro e scontro; 5. La Chiesa: chi siamo?; 6. Il ruolo di ognuno. Sono circa 350 i "piccoli gruppi" che si realizzano. L’esperienza suscita consenso ed entusiasmo nella gente, fugando tutti i timori della vigilia. Non sono mancati episodi significativi intorno alla missione. Un parroco, all’ora in cui si riunivano i piccoli gruppi ha fatto suonare le campane ed è andato al bar dove erano radunati tanti uomini e giovani, sicuro che gli avrebbero chiesto il motivo di quel suono fuori orario. Così è stato. Per tutta risposta ha presentato il tema e il significato della missione, costituendo in maniera informale un "piccolo gruppo", inusuale e non previsto. Un altro parroco ha riferito che tra tutti i piccoli gruppi organizzati solo tre non si sono riuniti. Saputa la cosa, ha detto agli operatori pastorali che, finita la missione, avrebbero insieme analizzato le ragioni di questa non risposta. La singolarità di questo episodio consiste nel fatto che non è stata riversata sulle persone la colpa del mancato incontro, ma, parroco e collaboratori insieme, hanno cercato di capire cosa non ha funzionato in fase organizzativa. È un grande segno di crescita interrogarsi, di fronte ad un mancato obiettivo, sul metodo usato, anziché distribuire agli altri responsabilità o colpe. Altro dato rilevante è che i piccoli gruppi, a missione conclusa, hanno continuato ad incontrarsi.

b) La Peregrinatio Mariae
Tutti si era coscienti che la Peregrinatio sarebbe stata un evento che avrebbe mobilitato le folle e sicuramente provocato conversioni. Così è stato. Proprio perché sicuri che la Peregrinatio avrebbe portato come frutto una maggiore disponibilità nell’animo delle persone, il Consiglio presbiterale e l’Assemblea degli operatori assegnavano come obiettivo la sensibilizzazione della gente sul Giubileo, il suo significato e il suo dono e, nello stesso tempo, il consolidamento delle strutture e degli organismi necessari all’impianto di una nuova pastorale missionaria ed evangelizzatrice. La sacra immagine della nera Madonna del Tindari, tanto cara e venerata in tutta la Sicilia, è partita dal suo Santuario il 13 Settembre 1998 per rientrarvi il 5 Dicembre dell’anno successivo. Ha sostato in tutte le parrocchie della diocesi facendo accorrere un impressionante numero di persone. Molti parroci testimoniano che, per quanto avessero preparato l’accoglienza con un considerevole impegno organizzativo, l’afflusso delle persone è stato talmente superiore alle aspettative da essersi trovati in difficoltà. Non poche parrocchie hanno dovuto lasciare aperta la chiesa fino a notte fonda e qualcuna tutta la notte. Da moltissime parrocchie sono arrivate testimonianze riguardanti persone che, dopo decenni di latitanza, si sono riaccostati alla Riconciliazione e all’Eucaristia. Altro dato interessante è che quasi tutte le parrocchie in questa circostanza hanno avuto la possibilità di consolidare le strutture pastorali sia in termini numerici che in termini di crescita nella corresponsabilità.

c) La "Croce dei giovani"
Anche i giovani ricevono il loro specifico annuncio dell’Anno Santo in occasione del passaggio, nei giorni 4.5.6 Dicembre 1998, della "Croce dei giovani", la stessa che il Santo Padre ha consegnato ai giovani e che ha sempre accompagnato le Giornate mondiali della Gioventù. Esperienza ricca e significativa che attrae moltissima gente sia nei luoghi dove fa tappa la Croce – S. Stefano Camastra, S. Agata Militello, Gliaca di Piraino, Patti e Tindari – sia lungo la strada e nei comuni di passaggio. Sono i giovani sono i principali protagonisti di questo evento e lo dimostrano alla loro maniera nei momenti destinati alla preghiera e alla meditazione con atteggiamenti esemplari fino a vegliare per l’intera notte, e nei momenti di gioia e di festa attorno alla Croce con canti, mimi e testimonianze. Resta un rammarico: non essere riusciti a coinvolgere in forma diretta i tanti giovani che fanno parte di associazioni culturali e sportive. Li avremmo desiderati in prima fila accanto ai giovani delle associazioni ecclesiali.

d) Il Decreto del Vescovo
Il Santo Padre Giovanni Paolo II con la Bolla Incarnationis Mysterium il 29 Novembre 1998 indice il grande Giubileo dell’Anno 2000. La Penitenzieria Apostolica, nella stessa data, emana il Decreto che determina la disciplina da osservare per ottenere il dono dell’indulgenza giubilare. Ogni Vescovo, poi, con un analogo decreto indica modalità, tempi e luoghi per ricevere efficacemente il dono dell’indulgenza nella Chiesa che presiede. Mons. Ignazio Zambito, per la compilazione del decreto diocesano segue questo itinerario: stila una prima bozza, quindi convoca e incontra nel mese di Ottobre 1999 nelle rispettive zone presbiteri ed operatori, presenta loro la bozza, ascolta le domande e accoglie integrazioni e suggerimenti. Il testo definitivo stabilisce: la Cattedrale e il Santuario di Tindari come luoghi in cui ogni giorno è possibile ottenere il dono dell’indulgenza; gli ammalati tutte le volte che, in casa propria o in ospedale o casa di riposo, partecipano alla Messa o viene loro portata l’Eucaristia; i carcerati hanno questa possibilità nei "tempi forti" dell’anno liturgico; nelle chiese parrocchiali in tutte le solennità del Signore e della B. V. Maria e ogni qualvolta ne viene fatta richiesta al Vescovo. Altre circostanze in cui è possibile avere il dono dell’indulgenza sono: la festa del Santo Patrono, gli esercizi spirituali, le sacre Ordinazioni, il Congresso Eucaristico, le giornate giubilari delle categorie e alcune attività specifiche del Piano pastorale diocesano. Il criterio di fondo che caratterizza le scelte del Decreto diocesano è di predisporsi come Chiesa perché ogni battezzato che desideri il dono dell’indulgenza giubilare non ne resti privo. Il messaggio che sottostà ad esso è che gli operatori pastorali si adoperino perché, di volta in volta, siano privilegiate le categorie e i gruppi alle volte ritenuti "lontani".

3. La celebrazione
L’Assemblea ecclesiale diocesana e il Consiglio presbiterale, nell’Ottobre 1999, approvano il programma dell’Anno Santo da celebrare a livello diocesano, zonale e parrocchiale. Prima del programma, però, lo sforzo maggiore è concentrato sul senso del Giubileo nel contesto del cammino di rinnovamento diocesano. Nelle intenzioni del Papa il Giubileo ha come finalità "un rinnovato impegno di applicazione, per quanto possibile fedele, dell'insegnamento del Vaticano Il alla vita di ciascuno e di tutta la Chiesa" (TMA 20). La stessa finalità la ritroviamo nel Progetto di Rinnovamento diocesano: edificare la comunità ecclesiale secondo le direttive del Concilio. Il Giubileo, quindi, non si presenta come una parentesi nella vita della Chiesa – come a prima vista potrebbe sembrare – ma come un sostegno supplementare che rafforza il cammino apostolico di ciascuna Chiesa, tale da provocare quelle scelte missionarie tanto necessarie oggi. La Chiesa di Patti punta proprio su questo: il Giubileo è un evento coinvolgente, molti si lasceranno prendere dall’entusiasmo e dalla voglia di esserci; certamente non tutti con le stesse motivazioni. Tocca ai responsabili della Chiesa aiutare tutti a guardare al giusto senso dell’Anno Santo e a proporre spazi dove continuare a dare il proprio apporto alla comunità, anche dopo che si chiuderà la Porta Santa. Alla luce di questi criteri-guida è operata la scelta di privilegiare, senza trascurare gli altri, alcuni segni caratteristici del Giubileo 2000: il pellegrinaggio, la porta e l’impegno per contribuire all’azzeramento del debito estero dei Paesi più poveri.
Il pellegrinaggio. È il segno per eccellenza del Giubileo per il suo significato antropologico e spirituale. La tradizione cristiana lo ha sempre esaltato. Noi lo abbiamo privilegiato perché è il segno che parla più immediatamente alle persone non solo della condizione di pellegrini sulla terra verso la patria celeste, ma anche del cammino di crescita della vita cristiana. In particolare ci è apparso pure come un veicolo privilegiato per illustrare il cammino catecumenale intrapreso dalla comunità diocesana. Sono state proposte, perciò, varie tipologie di pellegrinaggio da attuare a livello diocesano, zonale e parrocchiale; ogni tipologia, pur differenziandosi dalle altre, ha sempre in comune la memoria delle tappe fondamentali della vita del singolo cristiano e della comunità ecclesiale: l’accoglienza del Verbo fatto carne con e come Maria; l’ingresso nella famiglia di Dio mediante il Battesimo; la partecipazione viva e corresponsabile alla vita della Chiesa; l’impegno missionario di testimoniare il Vangelo. Schema che si rifà idealmente alla visita delle quattro Basiliche maggiori di Roma. A tutte le parrocchie è affidato il mandato di moltiplicare il più possibile le varie forme di pellegrinaggio per offrire a tutti, anche ai più distratti e lontani, la possibilità di un incontro con il Signore.
La Porta. Le analisi socio-religiose ci ripetono continuamente che l’allontanamento dei battezzati dalla pratica religiosa ha la sua radice nell’aver perso di vista il Cristo. Come recita un antico apologo dei Padri del deserto, "tanti cristiani somigliano a quei cani che – essendosi uniti ad altri cani nell’inseguimento della lepre solo perché li hanno sentiti abbaiare e correre – quando avvertono la fatica se ne tornano indietro. Continuano a correre solo quei cani che vedono la lepre". Molti cristiani tornano indietro perché hanno perso di vista Cristo crocifisso. Avere privilegiato il segno della Porta nel nostro itinerario giubilare ha voluto ribadire la volontà di trovare forme e modalità per aiutare i battezzati a riallacciare i contatti con Cristo, l’unica via di salvezza. Per questo motivo abbiamo scelto di rappresentare la porta con una grande Croce, copia di "quella dei giovani", che in ogni celebrazione giubilare viene portata in testa al corteo e, prima di entrare nel tempio, viene collocata proprio alla porta perché tutti vi passino sotto, in segno di fede in Cristo Redentore.
Il debito estero dei Paesi più poveri. Accogliendo la proposta della Conferenza Episcopale Italiana, che ha fatto suo l’invito del Santo Padre (TMA 51), abbiamo scelto come impegno privilegiato di carità la sensibilizzazione capillare su questo gravissimo problema. In particolare è stato legato alla celebrazione giubilare presieduta dal vescovo in ogni comune della diocesi. In tale circostanza tutti i sindaci, hanno convocato i rispettivi Consigli comunali in seduta straordinaria con all’ordine del giorno il tema del debito estero dei Paesi più poveri. Alla seduta hanno invitato il Vescovo come ospite d’onore e affidato la presentazione dei termini del debito a sacerdoti o a laici impegnati e competenti. Tutte le Amministrazioni approvano una delibera per chiedere al Governo italiano di azzerare il credito che vanta nei confronti dei Paesi più poveri; molti Consiglieri hanno offerto il loro gettone di presenza al Comitato istituito dalla CEI per questa causa; in parecchi Comuni gli impiegati hanno spontaneamente organizzato una colletta per lo stesso scopo.

a) Apertura dell’Anno Santo
Il 25 Dicembre alle ore 16.00 il vescovo presiede la celebrazione di apertura dell’Anno Santo. Vi prendono parte numerosi fedeli provenienti dalle parrocchie di Patti e dei Comuni vicini, il clero e le autorità civili. La "Statio" si tiene nella chiesa di S. Antonio Abate, da cui in pellegrinaggio ci si muove con le fiaccole accese verso la Cattedrale, particolarmente ornata per la circostanza. Qui avviene la solenne proclamazione del Grande Giubileo. Intensa ed attenta è la partecipazione dei fedeli; in particolare gli abitanti del quartiere S. Antonio si prodigano per illuminare e ornare la via tra la chiesa e la Cattedrale. Il 30 Dicembre si celebra a Tindari la prima giornata giubilare diocesana, dato che per la configurazione geografica della Diocesi non è stato possibile convocare la comunità diocesana per il rito di apertura nella giornata di Natale. Nonostante le intemperie, sono numerosi i fedeli convenuti da quasi tutte le parrocchie. In particolare spicca il numero dei giovani che apronoil pellegrinaggio al Santuario portando la copia della "Croce dei giovani". A conclusione dei riti ad ogni parrocchia è consegnata una Lampada da tenere accesa accanto all’ambone per tutto l’Anno Santo.

b) Giubileo delle persone di vita consacrata
Oltre ottanta religiose celebrano il loro Giubileo nel Santuario di Tindari il 6 Febbraio. Inizia con un breve pellegrinaggio in preghiera e con la liturgia della Porta; durante la S. Messa, dopo l’omelia, una suora presenta i vari carismi religiosi che sono dono in Diocesi e successivamente altre suore depongono ai piedi dell’altare: la pianta della Diocesi per esprimere il voto dell’obbedienza incarnata in un preciso contesto culturale e in una precisa comunità; la croce, come segno dell’amore totale di cui la verginità e la castità sono espressione; i fiori, per esprimere il totale abbandono in Dio che provvede ai suoi figli più dei fiori dei campi e degli uccelli del cielo. Alla fine del rito, ricevono dal vescovo il mandato missionario.

c) Celebrazione giubilare presieduta dal Vescovo in ogni Comune
Secondo un calendario predisposto e concordato precedentemente, il Vescovo, dal 9 Febbraio al 13 Giugno, si reca in ogni Comune della diocesi per presiedere la liturgia giubilare e coinvolgere in particolare le persone impegnate nelle Istituzioni civili. Con le varie collaborazioni, tale giornata è intensa e memorabile. Ovunque, a ricordo, vengono eretti edicole e significativi monumenti.

d) Inaugurazione della Cattedra e dell’ambone
La Basilica Cattedrale, in questo Anno Santo, vede completati i lavori di sistemazione dell’area presbiteriale con la collocazione della nuova cattedra e del nuovo ambone, opere del maestro palermitano Mario Pecoraino. Il 17 Marzo, con una larga presenza di presbiteri e di fedeli, avviene l’inaugurazione di entrambi le opere.

e) Giubileo degli operatori pastorali
Dal 3 all’8 Aprile si svolge l’Assemblea ecclesiale di primavera, vissuta e celebrata dagli operatori pastorali come un pellegrinaggio in quattro tappe lungo il territorio diocesano, con soste a S. Stefano di Camastra, Rocca di Caprileone, Gliaca di Piraino e Patti. Tappa dopo tappa, si medita, si prega e si sperimentano i segni caratteristici del Giubileo: il pellegrinaggio, l’indulgenza, la Porta, la purificazione della memoria, l’impegno per la riduzione del debito estero dei Paesi più poveri, la memoria dei martiri del XX secolo. Ogni tappa, poi, diventa occasione per rimotivare e rinnovare l’impegno a servire il popolo di Dio. Culmine di questa esperienza è la celebrazione della ministerialità ecclesiale in Cattedrale. Momento significativo è quello dell’accoglienza: il Vescovo, accompagnato dal suo Presbiterio, sulla porta della Cattedrale chiama gli operatori parrocchia per parrocchia e li saluta personalmente. Ognuno, entrando, bacia l’Evangeliario e la Croce. Durante la celebrazione, catechisti e ministri straordinari dell’Eucaristia ricevono il mandato ministeriale.

f) Celebrazione diocesana dei Sacramenti
Sono molti, e il loro numero sta crescendo, coloro che pensano che l’esperienza religiosa e di fede sia un fatto privato, racchiuso nell’intimo della coscienza di ogni persona. Questo pensiero non fa parte della fede cristiana. Così, nel contesto dell’anno giubilare, la Chiesa di Patti ha fatto la scelta di celebrare a livello diocesano e con la presidenza del Vescovo i sette sacramenti. È un segno per testimoniare che il patrimonio religioso non solo è comune, ma va anche condiviso. Con questo messaggio, sono stati celebrati: la Penitenza-Riconciliazione (prima Confessione) il 1° Aprile; il Battesimo il 30 Aprile; l’Eucaristia (prima Comunione) il 4 Giugno; la Confermazione l’11 Giugno; l’Ordine Sacro del Diaconato e Presbiterato il 1° Luglio; il Matrimonio il 12 Agosto; l’Unzione dei malati il 31 Agosto.

g) Giubileo diocesano dei giovani e Giornata mondiale della gioventù
Giubileo diocesano dei Giovani. Circa 800 giovani invadono Patti il 14 Maggio per allietarla con i loro canti ed i loro slogan inneggianti a Cristo Redentore. Giunti in città, i giovani si radunano in diverse chiese per partecipare alla catechesi, poi, portando la "Croce dei giovani" salgono in pellegrinaggio alla Cattedrale per la Messa presieduta dal Vescovo. Nel pomeriggio, nel salone "S. Giuseppe", danno vita ad un simpatico spettacolo e ad un gesto di solidarietà: ogni giovane offre il corrispettivo di una pizza come contributo alla colletta per la riduzione del debito estero.
Giornata mondiale dei Giovani. All’indimenticabile incontro con Giovanni Paolo II a Tor Vergata, sono presenti per la nostra Diocesi oltre 200 giovani pellegrini e quasi 50 giovani volontari. Quanto questa esperienza ha segnato la loro vita lo raccontano gli stessi giovani al Vescovo il 17 Settembre a Tindari, in occasione di una "rimpatriata dei reduci della Giornata mondiale". Alcuni riscoprono il senso della presenza di Cristo nella loro vita, altri cominciano a porsi la domanda vocazionale, altri ancora decidono di continuare l’esperienza di volontariato in Diocesi. La loro testimonianza suscita tanto entusiasmo negli ambienti da loro frequentati, oltre che nelle loro famiglie. È esperienza che costituisce stimolo e confronto.

h) I volontari per l’accoglienza giubilare a Roma
Nel corso dell’anno oltre 300 persone, soprattutto giovani, prestano servizio di volontariato a Roma. All’inizio c’è qualche indecisione, ma dopo il rientro dei primi volontari sono tutti contagiati dal loro entusiasmo, fino al punto che ancora nel corrente mese alcuni chiedono se possono prestare servizio di volontariato. Questa esperienza è stata veramente arricchente. Ne è segno proprio il fatto che chi vi ha partecipato mette in evidenza il positivo, tacendo quasi del tutto le difficoltà ed i disagi incontrati.

 i) Pellegrinaggio diocesano a Roma
Dal 31 Luglio al 4 Agosto, ben 300 pellegrini guidati dal Vescovo rendono omaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo e rinnovano le promesse battesimali, l’adesione di fede a Cristo, la comunione con la Chiesa e l’impegno missionario della testimonianza evangelica. Le visite alle quattro Basiliche maggiori segnano le tappe di un percorso spirituale che ha il suo culmine nell’incontro in piazza San Pietro col Santo Padre, che rivolge significative parole di apprezzamento per il cammino della Diocesi.

l) Giubileo di categorie e settori
Nel corso dell’Anno Santo, e in particolare nella seconda metà, alcune categorie di persone celebrano il loro Giubileo, dando alla giornata un particolare rilievo: il 2 Aprile il movimento del Cursillos de Cristianitad; il 9 e il 23 Settembre i catechisti; il 16 Settembre i cavalieri del S. Sepolcro; il 1° Ottobre i gruppi folkloristici; il 28 Ottobre i cavalieri di Malta; il 29 Ottobre l’Azione Cattolica diocesana; il 5 Novembre i commercianti; il 12 Novembre i fanciulli; il 17 Dicembre i medici e i giuristi cattolici.

m) Giubileo del presbiterio
Il Giubileo dei presbiteri si svolge con un itinerario più articolato. Il pellegrinaggio a Tindari segna la prima tappa; il fraterno incontro con il Vescovo, a livello zonale, costituisce la seconda tappa; il Seminario e la Cattedrale sono gli spazi comunitari per la terza tappa. L’ultima, insieme all’intero popolo di Dio nel contesto del Congresso Eucaristico diocesano.

n) Congresso Eucaristico Diocesano
E' l’atto culminante del Giubileo nella Diocesi di Patti. Fin dall’inizio è pensato come momento di sosta in cui la nostra Chiesa, raccogliendo il frutto dell’Anno Santo da aggiungere a quello del cammino di rinnovamento pastorale, riprende il cammino di fede e di missione con dentro il cuore un grande rendimento di grazie e una ferma volontà di dare a se stessa e alle sue scelte una forte impronta eucaristica. Un obiettivo, quindi, che non si limita alla sfera liturgico-celebrativa, ma che si estende al vissuto e, di conseguenza, al tipo di organizzazione della Chiesa. In tutto questo la celebrazione del Congresso Eucaristico Diocesano rappresenta un punto di partenza o, se vogliamo, di ri-partenza. La sua struttura, infatti, prevede una prima fase, ben delimitata nel tempo, in cui gli operatori pastorali si sintonizzano sul mistero eucaristico ed i suoi dinamismi spirituali e pastorali; una seconda fase, da realizzarsi in un arco di tempo più ampio ma definito, vedrà coinvolti tutti i battezzati che confrontano, a vari livelli e con diverse modalità, la loro esperienza eucaristica; la terza fase, infine, consisterà nel tenere vivo il frutto di questa esperienza nelle programmazioni e attività pastorali del prossimo triennio. Al momento in cui stiamo scrivendo queste note il Congresso è ancora nella fase preparatoria, per cui non possiamo dire di più.
"Sii benedetto, o Padre, che nel tuo infinito amore ci hai donato l’unigenito tuo Figlio, fattosi carne per opera dello Spirito Santo nel seno purissimo della Vergine Maria, e nato a Betlemme duemila anni or sono. Per mezzo di Lui, splendore d’eterna gloria, hai raccolto tutte le genti nell’unità della Chiesa. Con la forza del tuo Spirito continui a radunare in una sola famiglia i popoli della terra e offri a tutti gli uomini la beata speranza del tuo Regno. Padre Santo, fortifica la Chiesa di Patti con il corpo e sangue del tuo Figlio e rinnovaci a sua immagine. Fa’ che tutti i membri di questa Chiesa sappiano riconoscere i segni dei tempi e s’impegnino con coerenza al servizio del Vangelo. Rafforza il vincolo dell’unità fra i laici e i presbiteri, tra i presbiteri e il nostro vescovo Ignazio perché questa tua Chiesa risplenda segno profetico di unità e di pace. A gloria e onore del tuo nome nei secoli dei secoli. Amen". (Dalle preghiere eucaristiche del Messale Romano)

4. Contemplazione e vertenza

di Nino Barraco


Ormai è Giubileo. Ed io voglio godermi l’osanna delle palme. Anche se tremo pensando che Qualcuno dovrà morire per me. Cantare questo Dio che è sulla strada, danzare con i salmi, ritrovarmi nella colonna di fuoco, nel vento della profezia, con il popolo che ha conosciuto la misericordia. Acclamare osanna al Figlio di Dio sacrificato dal Padre per riscattare lo schiavo. E, lungo la strada, raccontare anch’io la mia storia di paura, di egoismo, di stanchezza, liberata dal suo amore.

1. Osanna delle palme
Sono i giorni penultimi della salvezza definitiva. Tra il già di una storia e il non ancora che squarcia l’orizzonte. Come potrei restare muto, senza festa? Fare festa è credere, è atto di fede. Dice il Signore: "Passerò dalla valle del pianto e la trasformerò in una sorgente". E dice anche: "Muterò il lamento in danza e la veste di sacco in abito di gioia". Di più, ed è bellissimo: "Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un Salvatore potente. Danzerà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa". Ritrovarsi nella festa, fare speranza, canzone, gioia, futuro, è dovere, è servizio, è diaconia, è opera di misericordia. È compito sacro. È aiutare l’altro a rendersi conto che egli ha tutte le ragioni per essere felice. La nostra vita è nelle mani del Padre. Ed è un Padre al quale importa molto, moltissimo, la nostra felicità. Sofferenze, difficoltà, dubbi, problemi, contrarietà, ormai sono occasioni pasquali. L’amore si raccoglierà nel calice dei Getsemani, la vita sfiderà la morte. E al braccio della Resurrezione sarà appeso il futuro di ogni uomo. Quando Mosè ebbe a chiedere al Signore di fargli vedere la sua gloria, Jahvé gli rispose: "Farò passare dinanzi a te tutta la mia bontà". Passa il Figlio dell’uomo per la strade di Gerusalemme. È tutto il suo amore, il suo essere. E con lui passa tutta la folla dei poveri, dei deboli, degli oppressori della terra, annunciando la salvezza. È la gloria degli storpi, dei ciechi, dei paralitici, che attraversa la città. È il Giubileo. L’osanna dei poveri, che hanno le palme in mano.

2. Il viaggio alla Porta
Sì, la Porta è stata aperta. È cominciato il lungo pellegrinaggio. È stato fatto dono nel cuore della terra. Ogni Chiesa locale ha aperto la sua Porta. E, con il Vescovo, i pellegrini continuano ad entrare nel mistero della Tenda che proclama la presenza del Signore. È in questo pellegrinaggio il significato del Giubileo. In questo partire, in questo andare, in questo arrivare. In questo riappropriarci della strada, del cammino, del viaggio. Alla ricerca di un approdo, di un’abitazione di una città stabile. Come dice Paolo: "Quando verrà disfatta questa abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli". Pellegrini verso la Porta. Una itineranza che è segno, metafora, lectio della vita. Esodo, esperienza del passaggio. Condizione dello straniero, nostalgia, verità: "Ero nel Padre, sono venuto nel mondo… lascio il mondo, ritorno al Padre". Il grande peccato del nostro tempo è, proprio, il peccato di questa dimenticanza. È l’amnesia del viaggio, da cui, l’insignificanza della vita, l’angoscia, la ferocia di oggi. Sono un viandante sulla terra, dice il Salmo. Ed è il Giubileo, che ci fa capire la vita, che ci fa vivere il pellegrinaggio della vita. Con la cintura ai fianchi, con i sandali ai piedi, con il bordone in mano.

3. Entrare nella Tenda
Entrare nella Tenda, uscire dal mondo, cioè, per rientrare nella storia con un progetto. Contemplare il Giubileo. Così Giovanni Paolo II al Convegno delle Chiese d’Italia a Palermo: "Sì, diciamolo ad alta voce, con vera convinzione… non c’è rinnovamento, anche sociale, che non parta dalla contemplazione. L’incontro con Dio nella preghiera immette nelle pieghe della storia una forza misteriosa, una potente forza storica di trasformazione". Contemplazione, parola sciupata negata talvolta, dagli stessi discepoli del Regno, travolti dall’attivismo e disperati. E non si capisce, invece, come siano i veri contemplativi gli apostoli più vicini alla liberazione dell’uomo. Capaci di leggere, di esplorare, di vedere in anticipo, e perciò capaci di immergere la loro esperienza in Dio, l’ottimismo, l’amore, il coraggio, nel crogiolo del dolore e delle realtà umane. Proprio nella Redemptoris missio, che è la Lettera enciclica sulla missionarietà, sull’impegno del dovere apostolico, il Papa avverte: "Il missionario, se non è un contemplativo, non può annunziare il Cristo…". Sì, è necessario incarnarsi nel tempo, nelle domande, nel dolore dei fratelli, ma per questo è necessario incarnare noi stessi, anzitutto, nella trascendenza. Per un di più di amore che può derivare solo da Cristo. È necessario, sì, rivedere piani, organizzare strategie, ma occorre soprattutto un nuovo ardore di contemplazione, che vuol dire, un nuovo ardore di santità. È questa santità, questo essere dentro al Signore, che rende credibile l’annunzio del Giubileo: "Ciò che noi abbiamo contemplato… lo annunziamo adesso a voi". Il Giubileo è, così, stupore, novità, esclamazione, innamoramento. Che ci consegna al mistero, che ci converte alla Tenda, all’importanza dell’unico essenziale, secondo la meravigliosa intuizione di Teresa di Gesù Bambino: "Nel cuore della Chiesa, mia madre, io voglio essere l’amore".

4. La speranza come indulgenza
No, non uccidete la speranza! E c’è, invece, oggi, un rischio pericolosissimo e diffuso. È il rischio della stanchezza, della sfiducia, della perdita di speranza. Una sconfitta che fa pensare ai discepoli sulla via di Emmaus, quando esprimono, con angoscia, la rassegnazione della fede e la resa del cuore: Speravamo. È necessario, è urgente reinventare la vita, sollevare una vertenza, il contenzioso della speranza. Ecco, costituire la frontiera della speranza. Come contenuto, come metodo, come finalità. Uscire dai nostri piccoli recinti, in cui spesse volte ci contagiamo, a vicenda, di disperazione. Lasciarci afferrare, lasciarci costringere dalla speranza, lasciarci toccare dal mantello di Elia. Come Eliseo: "Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il mantello". Giubileo è vertenza della speranza. È convocare tutti perché il domani, davvero, sia sentito, pensato, voluto come necessario, perché sia costruito nella concretezza, nel problema, nel sangue della storia che viviamo. È una necessità pregiudiziale. Incrociare la strada di quei discepoli di Emmaus, nei quali sono, oggi, in molti a riconoscersi, annunziare la speranza che da ogni nostro piccolo gesto possa derivare un futuro, testimoniare quel segno incontrovertibile, quello spezzare il pane che, allora, aprì alla speranza il cuore dei discepoli. Ancorare il senso della vita, spiegare, motivare le ragioni della speranza, progettare una storia esigente, verificabile, e, perciò, credibile della speranza. Recuperare l’incontro sul futuro, essere capaci di contagio pasquale, di solidarietà, di spazi e di itinerari nuovi, nel rischio e nella ferialità dell’incarnazione. Ecco, convertirci alla speranza. È questo bisogno di speranza, la domanda più forte di indulgenza, di grazia, per il nostro tempo. Una indulgenza che il grembo di Maria ha generato, anche oggi, nel nostro cuore. Nel cuore di tutta la Chiesa pattese, che qui, a Tindari, ha riconosciuto in Maria la madre di questa speranza. La speranza, celebrata con la Croce dei giovani, appesa a quella lampada-grotta che il Vescovo Zambito ha consegnato al futuro della fede, della storia della comunità.

5. Quelli che hanno sognato
Sognare, credere, volere, lottare, immaginare un giorno nuovo, un giorno che non è mai esistito. Non rassegnarsi, non confermarsi alle cose, al tempo, alle sconfitte della vita. Sognare per vocazione, giurare su un sogno. Sognare non è alibi. È, anzi, uscire dalla fatalità. È responsabilità estrema. È una operazione di una concretezza estrema. È sofferenza, è sangue, è metodo, è lotta. È confronto con la città, con i problemi, con le grandi questioni che interpellano la nostra responsabilità di cambiare il mondo. È volere una ipotesi di festa, un patto nuziale con la terra, con la storia. Essere contestuali al tempo, e però inattuali. Sognare, pagare i sogni, lasciarci costringere dal sogno, pretendere da noi stessi il sogno. Nella concretezza, nella forza. Non si vive se non si sogna, se non si lotta perché il sogno accada. E il sogno, il più grande sogno, Cristo risorto, nel quale viviamo, è già avvenuto. Giubileo è questo sogno di liberazione. Il sogno di ogni tempo, in cui hanno creduto Francesco, il Cottolengo, De Foucauld, l’Abbè Pierre, P. Massimiliano Kolbe, Mons. Romero, Luther King, Giorgio La Pira, Papa Giovanni, Madre Teresa, David Maria Turoldo… testimoni in anticipo delle cose future. Penso a Luther King. Se non avesse sognato ad occhi aperti (ricordate? Io sogno il giorno in cui sulle colline rosse della Georgia i figli degli schiavi…), i diritti dei negri sarebbero probabilmente, ancora oggi, calpestati, massacrati. Così, se Papa Giovanni non avesse creduto nell’invisibile, noi non avremmo avuto il Concilio, questa notizia straordinaria che, dopo tanti anni, è ancora attualità di profezia. E come non ricordare quel grande sognatore che fu Giorgio La Pira? Sembra quasi incredibile che egli sia esistito. La Pira che scommette sull’impossibile. L’uomo dell’utopia evangelica, che convoca a Firenze i Convegni della pace, quando tutt’intorno era la guerra dei blocchi. Che va in Vietnam, che, di ritorno dalla Russia, conferma: "Cadranno le mura di Gerico…". Hanno sognato il Giubileo, il futuro che non si vede, ma nel quale siamo, ogni giorno, perennemente e sorprendentemente immersi.

6. Allora sarà Giubileo
Sognare, consegnare la propria vita al sogno, e, perciò, amare. Saranno le opere della carità, saranno i deboli, gli esclusi, i poveri della proclamazione biblica, a decidere il domani. Ed io spero tanto che il Giubileo incominci quando sarà passato. Che continui, cioè, nella concretezza dell’amore, nella lettura, nella responsabilità della nostra riconciliazione con Dio e con la storia. In continuità con quella Veglia pasquale che ha fatto entrare l’umanità nella sua più grande meraviglia storica. Da allora, non c’è che un unico tempo. Iniziato dall’impossibile che segna la durata di ogni giorno dell’uomo, senza che un giorno sia più privilegiato dell’altro. Fino al compimento dell’Esodo, questo sì, in cui si compirà l’ingresso nella nuova Chiesa, nella Gerusalemme sfolgorante di Luce, dinanzi all’altare dell’Agnello, "al termine di un lungo pellegrinaggio con la fiaccola accesa". Abbiamo tanto atteso il Duemila, si è detto, addirittura, che il Duemila ci sfida. Ed invece è Cristo la sfida di ogni tempo. Che legge la profezia di Isaia, della liberazione, della misericordia, della salvezza. E conclude: "Oggi tutto questo si è avverato". La sfida della più grande rivoluzione, il messaggio delle Beatitudini: "Beati i poveri, beati i miti, beati quelli che soffrono, beati i pacifici…". Una rivoluzione con la quale dobbiamo sempre misurare, interrogare noi stessi, la nostra ricchezza, il nostro potere, il nostro peccato. Sapremo fare della conclusione del Giubileo l’inizio del Giubileo?

Il libro può essere richiesto a:
* Segreteria Vescovile
*
Ufficio Diocesano Beni Culturali - 98066 Patti – Tel/Fax 0941-240866
* Segreteria del Santuario di Tindari, 98060 Tindari – Tel/Fax 0941-369016

Altri volumi della Collana: "Documenti e Ricerche di Storia Religiosa della Diocesi di Patti":
ARTE SACRA SUI NEBRODI, 1998




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